CENTROAMÉRICA / Notiziario
ImpreseSecondo uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’85% dei 2,8 milioni di piccoli imprenditori o lavoratori autonomi centroamericani vive in condizioni di povertà. Gli scarsi investimenti iniziali nei loro progetti produttivi, i bassi ingressi generati e la scarsa capacità di reinvestimento per migliorare le condizioni lavorative e produttive, spiegano il circolo vizioso che impedisce loro diprogredire, segnala lo studio. Guatemala è il paese della regione con il maggior numero di persone, 1,14 milioni, che lavorano in 72 mila piccole imprese; 860 mila sono gli autonomi, che lo studio definisce auto-empleos, termine che, forse, esprime meglio il senso dell’arrangiarsi. Segue El Salvador, con 615 mila addetti, 58 mila microimprese e 302 mila auto-empleos. In Honduras, i lavoratori del settore sono 360 mila, oltre 21 mila gli imprenditori e 306 mila gli autonomi. Panamá vanta 266 mila lavoratori, 31 mila microimprese e 145 mila auto-empleos. Costa Rica: 261 mila lavoratori, con 30 mila piccoli imprenditori e 126 auto-empleos. Fanalino di coda, il Nicaragua, con 233 mila persone, 15.200 imprese e 198 mila auto-empleos. Nei sei paesi dell’istmo, il 48% dei piccoli imprenditori si dedica al commercio, il 31% alla manifattura, il 21% ai servizi. L’ingresso medio mensile di quanti lavorano in piccole imprese non supera i 120 dollari, ma ci sono casi in cui le entrate sono della metà.
MineL’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) ha reso noto di aver distrutto negli ultimi cinque anni circa 48 mila ordigni esplosivi alla frontiera dell’Honduras con il Nicaragua, scenario del conflitto negli anni ‘80. L’opera di bonifica su un’area vasta 400 km2 è stata realizzata da 106 artificieri dell’esercito honduregno, con consulenza della Giunta Interamericana di Difesa, organismo militare dell’OSA, e di ufficiali degli Stati Uniti, Venezuela, Brasil, El Salvador e Colombia. Le mine in quella zona furono disseminate dai cosiddetti contras, i guerriglieri antisandinisti finanziati e armati dagli Stati Uniti.
ArmiSecondo il quotidiano nicaraguense La Prensa, in Centroamerica circolano illegalmente circa 1,8 milioni di armi di ogni tipo. In testa alla pericolosa classifica figura il Guatemala, con un milione e mezzo di armi diffuse fra la popolazione. Segue El Salvador con 255 mila. In Honduras, almeno 67 mila kalashnikov pare siano in mano di privati. In Nicaragua, non meno di 50 mila armi da guerra sono diffuse fra la popolazione. Non sono noti i dati relativi a Costa Rica e Panamá. D’altro canto, le armi regolarmente denunciate e possedute sono quasi 416 mila (dal conto resta fuori Panamá, su cui non si hanno dati). In dettaglio: quasi 148 mila in Guatemala; 145 mila nel Salvador; oltre 52 mila in Nicaragua; 43 mila in Costa Rica; e 27.500 in Honduras. Tali armi sono perlopiù detenute da corpi di sicurezza privati. Come è immaginabile, in Centroamerica il mercato nero delle armi è assai fiorente e rappresenta la principale fonte di acquisizione delle stesse, anche se poi vengono legalmente denunciate.
PiraterieNuovo grido di allerta sul commercio illegale di esemplari della fauna tropicale. Oltre agli Stati Uniti, tradizionale mercato di sbocco di questi “prodotti”, ultimamente si sono affiancati altri paesi come la Repubblica Ceca, possibile “porta” per l’Est europeo. Assai richiesti sono i pappagalli di vario tipo, per i quali, a seconda della specie, si possono pagare da 3 a 10 mila dollari. In Centroamerica, il paese che più ricavi trae dall’esportazione legale di fauna locale è El Salvador, che esporta iguane. Il Nicaragua è invece quello che esporta la maggiore varietà, dagli uccelli ai rettili. In generale, le specie più esportate sono iguane e lumache di mare (dall’Honduras e dal Belize), pelli di caimano (Nicaragua e Guatemala). Panamá esporta invece, soprattutto coralli.
InquinamentoA fine agosto, il Tribunale Centroamericano dell’Acqua (TCA), con sede in Costa Rica, ha condannato per inquinamento e altri danni a sistemi idrici locali, vari governi della regione, nonché diverse imprese e, persino, organismi finanziari internazionali che forniscono prestiti senza misurare l’impatto ambientale dei progetti che finanziano. Il TCA, emanazione del Tribunale Latinoamericano dell’Acqua è una istanza di giustizia parallela, in cui le società civili mettono alla prova la loro capacità di autorganizzazione e processano i responsabili del degrado delle risorse idriche e ambientali della regione. Proposito del TCA è quello di far valere gli strumenti del diritto ambientale esistenti in ogni paese centroamericano, facendo leva sull’etica.
Tra i casi discussi: l’inquinamento della laguna del Tigre, nel Petén, Guatemala, ad opera di compagnie petrolifere; l’inquinamento di falde acquifere in varie zone del Costa Rica e dell’Honduras a causa di prodotti tossici, ormai proibiti nel Nord del mondo ma ancora esportati a Sud; la costruzione di un terrapieno nel quadro di un progetto immobiliare a Panamá che, però, sconvolgerebbe il ricambio delle acque nella Baia di Panamá, trasformandola probabilmente in un pantano puzzolente a causa degli scarichi fecali; quindi, il TCA ha esaminato anche l’annoso caso della azienda El Espino (di cui abbiamo parlato più volte in queste pagine), ultimo polmone verde di San Salvador, che minaccia di scomparire per far posto all’ennesima urbanizzazione destinata ai ricchi del paese, con grave danno per le ormai esili falde acquifere della capitale; infine, la contaminazione ambientale derivante dall’estrazione dell’oro nella costa atlantica nicaraguense.
InfanziaNel presentare il libro La Paz non les ha llegado (La pace non è arrivata loro), rappresentanti della organizzazione Casa Alianza e la Commissione per la Difesa dei Diritti Umani in Centroamerica (CODEHUCA) hanno alzato la voce contro i governi della regione «perché hanno voltato le spalle» ai problemi dell’infanzia. Secondo cifre ufficiali, 1 minore su 4 soffre di denutrizione cronica; 1 milione di bambini fra 7 e 12 anni non frequenta la scuola primaria e 2 milioni non arrivano alla secondaria. Oltre due terzi della popolazione centroamericana, circa 34 milioni di abitanti, vive in condizioni di povertà e, di questi, oltre un terzo in miseria. I bambini di strada nella regione fluttuano fra 18 e 35 mila: in Honduras e Nicaragua sono aumentati del 20% dopo il devastante passaggio dell’uragano Mitch, nell’ottobre 1998. Gli organismi di difesa dei diritti umani criticano la mancanza di volontà politica per migliorare le condizioni di vita di questi minori, evitando che finiscano nel giro della droga e dello sfruttamento sessuale.
CaffèLe esportazioni di caffè centroamericano sono cresciute del 19%. Nel 1998-99, furono venduti 17,9 milioni di sacchi (di circa 60 kg. ciascuno). Nel 1999-2000, sono stati venduti invece 20,4 milioni di sacchi.
CorruzioneA metà settembre, l’organizzazione non governativa Trasparenza Internazionale ha reso noto il suo rapporto annuale sulla corruzione in 90 paesi del mondo. L’indice, che va da 1 a 10, si basa sulla percezione di imprenditori, esperti e popolazione locale, sondata da otto organismi indipendenti. L’America Latina ne esce male anche quest’anno: il México scende dal 58° al 59° posto, con il punteggio di 3,3 (aveva il 3,4 nel 1999). Il Costa Rica è al 30° posto, con il voto di 5,4. El Salvador vanta (si fa per dire) un 4,1. Entrambe queste nazioni hanno migliorato le proprie posizioni: avevano il 5,1 e 3,9, rispettivamente, nel 1999. Quest’anno sono, però, scomparsi dalla lista Guatemala, Honduras e Nicaragua. Buon segno? Al contrario! Semplicemente, ciò indica il disinteresse degli investitori per le economie di questi paesi.
RimesseNei primi 7 mesi di quest’anno le rimesse in dollari dall’estero in tutta la regione centroamericana hanno toccato i 969,4 milioni di dollari, 185 milioni in più rispetto ad un anno fa. Soltanto in giugno, l’aumento è stato del 23,6%, pari a 152 milioni. La media mensile nei sette mesi considerati è di 138 milioni di dollari. Di questo passo, si stima che a fine anno le rimesse possano arrivare a 1,6 miliardi di dollari. El Salvador continua ad essere il più beneficiato da tale flusso. Le rimesse del milione di salvadoregni che risiedono negli Stati Uniti rappresentano il 16% del prodotto interno lordo. Si stima che il Nicaragua riceverà quest’anno circa 600 milioni di dollari, il 20% in più. In Honduras, le rimesse dovrebbero superare i 300 milioni, secondo fonti ufficiali. L’anno scorso, le rimesse hanno superato i 700 milioni di dollari in Guatemala, secondo la Commissione Economica per l’America Latina. Ma, il denaro non è tutto: alcuni economisti osservano infatti che ad esso andrebbe aggiunto il valore dei prodotti che gli emigranti sono soliti portare o inviare ai propri familiari.
EmigrazioneOltre 5 milioni di centroamericani – principalmente salvadoregni, guatemaltechi e nicaraguensi –, vivono all’estero. Secondo un rapporto dell’Organizzazione della Commissione Centroamericana delle Migrazioni, il maggior esodo l’ha visto El Salvador, con oltre 2,4 milioni di emigrati, principalmente negli USA; El Salvador ha una popolazione stimata di 6,1 milioni di abitanti e dal 1980 al 1992 ha vissuto una cruenta guerra civile. Il Nicaragua, con 4,8 milioni di abitanti, e il Guatemala, con 11 milioni, che pure hanno sofferto conflitti armati interni, registrano un milione di emigranti ciascuno. Gli emigrati honduregni sarebbero invece mezzo milione su una popolazione totale di 6,3 milioni. Anche se il rapporto della OCAM non cita il Costa Rica, si calcola che circa 90 costaricensi risiedano all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. In aumento è, inoltre, il traffico di latinoamericani – peruviani, ecuadoregni, boliviani, dominicani – che transitano per il Centroamerica diretti a Nord. Molti di essi, respinti dalle autorità di frontiera messicane o statunitensi, mettono su casa in Centroamerica: in Guatemala, ce ne sono almeno 200 mila.
CommercioIl presidente Clinton ha approvato ai primi di ottobre l’estensione delle agevolazioni doganali a favore dei paesi centro e latinoamericani nel quadro della cosiddetta Iniziativa per il Bacino dei Caraibi. Uno dei settori che trarrà vantaggio dalla decisione è quello tessile. I paesi beneficiari potranno ora vendere, nel primo anno dall’entrata in vigore, 250 milioni di m2 di indumenti confezionati con tela importata dagli Stati Uniti – e lavorata pertanto nelle maquilas – così come 4,2 milioni di magliette e camice, senza pagare alcun dazio doganale. Il paese più beneficiato sarà prevedibilmente l’Honduras con un 25% del totale; El Salvador esporterà il 21%; il Guatemala, il 19%; la Repubblica Dominicana, il 18%; il resto sarà diviso tra Costa Rica, Nicaragua e altri paesi. Per magliette e camice le percentuali sono così previste: Honduras 42%, El Salvador 20,7%, Repubblica Dominicana 14,5%, Guatemala 11%. Il resto Costa Rica, Nicaragua, Panamá e via via gli altri.
BananeI paesi latinoamericani produttori di banane, con l’eccezione dell’Ecuador, primo produttore mondiale, si sono riuniti in ottobre a Panamá per ribadire la propria contrarietà alla decisione dell’Unione Europea di comprare, dal 2001, questo frutto mediante una nuova modalità che cancella il sistema delle quote di importazione vigente dal 1993. In pratica, nel nuovo sistema, i produttori dovranno informare gli operatori europei sulla quantità di frutta che intendono inviare; quindi, quando questa arriverà nei porti europei, i compratori decideranno la loro acquisizione, sulla base della domanda e dell’offerta.