NICARAGUA / Le cose buone, quelle meno e quelle incerte emerse dal voto
NegativoDi negativo c’è l’atteggiamento assunto il “giorno dopo” dai protagonisti del patto che pure avevano viziato il “giorno prima” delle elezioni: l’irresponsabile resistenza del presidente Alemán e dei suoi ad accettare la sconfitta e l’altrettanto irresponsabile trionfalismo di Daniel Ortega e dei suoi nel non saper “leggere” adeguatamente la vittoria. In entrambi i casi è stato ratificato il “peccato originale” di queste elezioni, quel patto siglato da due caudillos con una patologia politica del tutto simile, che hanno la stessa concezione antidemocratica del potere e che esercitano e promuovono una conduzione politica nociva per il paese.
Dis/ordineNegativo è anche il fatto che, mentre le 12 ore di votazioni sono trascorse in ordine e tranquillità senza quasi alcun incidente locale, il “giorno dopo” – c’era da aspettarselo, essendo ormai consuetudine in Nicaragua – i ritardi del CSE nel pubblicare i risultati definitivi e le manovre del PLC che si resisteva ad accettare le sconfitte cercando di negoziare risultati favorevoli, hanno provocato disordini, insicurezza e violenza in vari municipi in disputa. C’è stata violenza anche alla vigilia del voto nella Regione Autonoma dell’Atlantico Nord, quando il partito locale YATAMA ha protestato per la sua esclusione dalla contesa elettorale, prima con manifestazioni arrabbiate e violente, quindi con una massiccia e pacifica astensione.
Potere senza potereNei ritardi e passività del CSE si evidenzia una delle più dannose conseguenze del patto PLC-FSLN: il marchio bipartitico impresso al potere elettorale ha annullato la leadership istituzionale e professionale che corrisponde al CSE, convertendolo in uno spettatore in attesa delle decisioni prese dai vertici dei due partiti. L’inoperanza, i ritardi e i riconteggi del CSE hanno trovato nella crisi elettorale negli USA – che è coincisa temporalmente – la migliore e più ridicola delle giustificazioni: se succede nella potenza democratica del pianeta, perché non può succedere qui? Un CSE come quello che ha diretto queste elezioni non garantisce risultati trasparenti, né soluzioni tecniche ai problemi che precedono e accompagnano qualsiasi evento elettorale, meno ancora quelli che si potranno presentare alle prossime elezioni presidenziali. Ritardi e dichiarazioni hanno dimostrato che per il CSE le sfide non sono state solo tecniche ma politiche. E, in ultima istanza, etiche.
La dimensione localePositivi sono i risultati nel loro insieme, aldilà dei colori dei partiti vincitori. In molti municipi sono stati eletti autentici leaders locali, conociuti e rispettati dalla popolazione. E in molti municipi, le vittorie di stretto margine annunciano governi locali pluralisti, il che può contribuire a ridurre la polarizzazione di cui soffre il paese. Il fatto che la popolazione dovesse scegliere solo le autorità locali e non quelle nazionali ha favorito in queste elezioni scelte più dirette, più sovrane e più responsabili. Un’esperienza democratica imprescindibile ed inedita.
Fine della costituente?I risultati hanno obbligato tutte le forze politiche partecipanti – e quelle che non partecipavano – a rivedere a fondo la propria strategia per le elezioni generali del novembre 2001. Nei primi momenti, la “revisione” è risultata alquanto deprimente. Specialmente per il presidente Alemán, il quale insiste nella sua idea di sospendere le elezioni del 2001 per sostituirle con l’elezione di una assemblea costituente. Lo spingono nella sua ossessione le sconfitte del PLC a Managua e nella maggioranza delle piazze strategiche del paese, nonché il suo pericolosissimo stile di provocare continuamente conflitti per trarre vantaggio da essi. Alemán potrebbe forzare un clima di destabilizzazione e caos per raggiungere i suoi obiettivi e attrarre verso questa iniziativa il vertice pactista dell’FSLN.
SondaggiQuasi tutti i sondaggi hanno misurato solo le intenzioni di voto dell’elettorato di Managua. I risultati li hanno confermati. Salvo in un caso, dove si sono sbagliati di grosso, tanto a Managua come nel resto del paese: l’astensione. Pur essendo noti i problemi tecnici irrisolti, era stato calcolato che questa avrebbe oscillato sui valori delle ultime elezioni, quando non era arrivata al 30%. Tuttavia, nonostante il grazioso spot musicale del CSE «¡Que nadie se quede sin votar!» (“tutti a votare”), fra il 45% e il 50% degli aventi diritto non ha votato.
AstensioneQualsiasi analisi dei risultati deve partire dal fatto che l’astensione “ha vinto” in tutti i 151 municipi del paese. Varie ragioni spiegano l’astensionismo. In ogni elezioni, c’è chi si astiene. Molti elettori non avevano – o non li hanno voluti – i documenti per votare. Gli errori non corretti nel registro elettorale hanno fatto la loro parte. La riduzione del numero di seggi, specialmente nelle aree rurali, ha obbligato molti elettori a lunghe camminate. Addirittura, un certo astensionismo sembra essere stato “indotto” dal CSE. Infine, bisogna tener conto che migliaia di nicaraguensi sono emigrati in Costa Rica e non sono tornati per votare.
Poca fiducia?Gli alti indici di astensionismo, qualunque siano le ragioni, risultano molto significativi in un paese dove, persino ai tempi di Somoza, la gente partecipava in massa ad elezioni-truffa, perché percepiva il voto come una giornata di festa cui le piaceva partecipare. Assai significativi in un paese latinoamericano singolare per la partecipazione elettorale della sua gente, che “crede” che con i voti si possano cambiare le cose. Del resto, la “fiducia elettorale” è fondata in esperienze recenti: nel 1990 i voti hanno cambiato “tutto” e nel 1996 quasi tutto. L’alto astensionismo indica che questa volta molti non si sono sentiti invitati alla festa perché hanno cominciato a perdere fiducia nel potere del voto. I sondaggi lo annunciavano, al documentare, in forma consistente, la forte sfiducia generata dal CSE e l’estesa convinzione che ci sarebbero stati brogli.
Un rifiuto coscienteL’astensione ha espresso anche il disincanto nei confronti dei politici di tutti i colori e della mancanza di opzioni pluraliste, il rifiuto del patto e della corruzione generalizzata in gran parte della classe politica. L’annullamento del voto è stata un’altra forma di esprimere rifiuto e disincanto. Non sono stati resi noti i dati sul voto nullo, anche se non sembra aver raggiunto una quota significativa. Il 2 novembre, il Movimento di Rinnovamento Sandinista – escluso dalla contesa per una arbitraria decisione del CSE – ha invitato ad annullare il voto «in forma di protesta contro questo processo elettorale fraudolento e non democratico».
Il grande sconfittoI principali sconfitti nella contesa sono il governo, identificato con il PLC, il PLC, identificato con la linea e i capricci del suo presidente onorario Arnoldo Alemán, e il presidente della Repubblica Alemán, che ha guidato personalmente la campagna elettorale, girando in lungo e in largo il paese.
PLC: vittoria di quantitàSecondo un’analisi strettamente quantitativa, il PLC non solo ha vinto nel maggior numero di municipi, ma ha aumentato il numero di quelli in cui governerà da 91 a 94, ottenendo più voti validi dell’FSLN, anche se di poco. Questa valutazione quantitativa della “vittoria” liberal-somozista è significativamente messa in ombra dalla sconfitta subita a Managua e in 11 su 17 capoluoghi di provincia. Il PLC ha vinto nei municipi più rurali, mentre l’FSLN ha prevalso in quelli più urbani.
FSLN: vittoria di qualitàL’FSLN è il principale vincitore di queste elezioni avendo vinto a Managua e, anche se sperava di vincere in 70 municipi ma ha conservato lo stesso numero che aveva (52), perché con la sua vittoria in 11 dei 17 capoluoghi di provincia, i suoi sindaci governeranno su circa il 60% della popolazione nazionale. Fra il 1996 e il 2000, l’FSLN ha amministrato centri in cui risiede il 25% della popolazione totale del paese. È da notare che, dopo costosissime campagne elettorali, specialmente a Managua, sia il PLC che l’FSLN abbiano ottenuto meno voti di quelli ricevuti nel 1996. Se si tiene conto che la popolazione votante è aumentata da allora di oltre 300 mila persone, ne consegue che il consenso popolare a entrambi i partiti è sceso.
Gli altri partitiIl Partito Conservatore e Cammino Cristiano erano svantaggiati sul piano istituzionale di fronte a strutture elettorali controllate da sandinisti e liberal-somozisti, e hanno ottenuto molto meno di quanto si aspettassero. I conservatori, Granada, capoluogo dipartimentale, e altri 4 municipi. Essi si considerano “vincitori” perché il 14,5% dell’elettorato che li ha votati nel 2000 supera abbondantemente il 2,7% del 1996, quando non ottennero alcun municipio. Cammino Cristiano, con base tra gli evangelici, che nel 1996 aveva sorpreso tutti diventando dal nulla la terza forza del paese, questa volta ha ottenuto solo il 4% dei voti. Dopo una campagna elettorale quasi invisibile non hanno vinto alcun municipio e dei 28 consiglieri che avevano in diversi centri del paese, gliene restano solo 13. A Managua, hanno presentato come candidato a sindaco il sandinista Carlos Guadamuz, la cui sconfitta era annunciata da quando questi ha abbandonato il potente apparato dell’FSLN e, specialmente, da quando Daniel Ortega gli ha tolto la direzione della popolare Radio Ya.
ManaguaIl successo sandinista nella capitale è visto come il preludio della vittoria alle presidenziali. L’astensione, tuttavia, ha “vinto alla grande” a Managua. Il flusso di votanti nei seggi è stato visibilmente scarso il giorno delle votazioni. E anche se la confusione nei registri elettorali potrebbe aver spinto elettori a realizzare sforzi e sacrifici o a reclamare indignati per sapere dove votare, in realtà li ha spinti in un’altra direzione: molti hanno lasciato perdere la fiesta cívica, optando per una una siesta e se sono tornati a casa. L’astensione favoriva l’FSLN, che conta sul voto più militante. Né si può scartare che l’FSLN l’abbia indotta e abilmente diretta.
EsclusioniLa vittoria dell’FSLN a Managua – come le vittorie del PLC e dell’FSLN nel resto del paese – non possono essere spiegate senza tenere conto che in precedenza il CSE aveva loro spianato il cammino, eliminando la possibilità di dare vita a liste civiche ed escludendo partiti e candidati, alcuni di essi in grado di vincere. Senza tener conto dell’esclusione della candidatura di Pedro Solórzano a Managua e l’esclusione, a livello nazionale, dell’opzione di centro-sinistra rappresentata dalla cosiddetta Terza Via e delle altre opzioni liberali “non alemaniste”, non si spiegano i successi di PLC e FSLN.
Un paese divisoLa decisa politica di esclusione di partiti e candidati operata dal CSE, controllato da FSLN e PLC a conseguenza del patto, ha funzionato efficacemente. Sebbene il Partito Conservatore sia riuscito a inserire un piccolo cuneo nel bipartitismo forzato dal patto, il paese è rimasto diviso in due: con un quasi pareggio nel totale di voti e nel numero di voti in quasi tutti i dipartimenti e municipi. Il “corpo a corpo” fra i due partiti del patto nelle strutture elettorali municipali, dipartimentali e nazionali seguito al voto e l’ingiustificato ritardo che ha preceduto la pubblicazione dei risultati definitivi di varie località strategiche – dove i risultati, così ravvicinati, lasciavano la porta aperta sia a dispute che a negoziazioni – ha contribuito a rendere ancor più fanatico un settore di società e a deluderne un altro. Nella lotta dopo lo scrutinio si è visto chiaramente che, in materia elettorale, l’unica coincidenza fra i due partiti del patto è escludere gli altri, lasciando “tutto il resto” all’arte o ai trucchi che ciascun gruppo è in grado di metter in campo per vincere o... per far perdere l’altro.
Chi dimentica il patto...C’è stato un momento nel prolungato dibattito sul patto PLC-FSLN in cui si è pensato che le elezioni municipali potessero convertirsi in una specie di plebiscito sul patto. L’alto astensionismo non sembra confermare questa ipotesi. Ciò a parte, i risultati delle elezioni municipali – frutto tanto della volontà popolare come della volontà escludente del CSE – contribuiscono a rendere difficile la crescita di una coscienza critica sugli effetti negativi che il patto ha per l’istituzionalità democratica e per la cultura politica. Per buona parte della base dell’FSLN l’esito del voto conferma i motivi con cui Ortega e gli altri dirigenti del partito hanno giustificato il patto: «L’accordo è solo per tornare al potere». E siccome l’irresponsabilità del PLC nel non accettare le proprie sconfitte ha spinto l’FSLN a rivaleggiare fieramente con i liberal-somozisti, ciò ha seminato nella base sandinista un’idea ancor più nociva, convincendola che “non c’è alcun patto”.
... E chi noQuando lo stesso si consumava, la base del PLC non si è pienamente resa conto delle conseguenze politiche del patto. Ma, dopo gli avversi risultati elettorali, in essa è sorto il timore che proprio il patto li spieghi: in altri termini, il PLC e Alemán si sarebbero lasciati “abbindolare” dai sandinisti. D’altro canto, l’argomento con cui Alemán ha difeso l’accordo lo espone al ridicolo davanti alla “sua gente”: se l’obiettivo del patto era dare “governabilità” al paese, ciò che esso ha propiziato è l’opposto, dal momento che i risultati municipali cominciano a far intravedere la possibilità di un ritorno al potere a livello nazionale degli “ingovernabili” sandinisti.
Sinistre e destreSe intendiamo per sinistra una convinzione ed una disposizione a interpretare la realtà in tutta la sua crescente complessità e nella sua ricca diversità per sapere rispondere ad essa, includendo spazi in cui ci sia posto per tutte e tutti; e se intendiamo per destra l’atteggiamento contrario, che semplifica e riduce e per questo esclude, allora le elezioni municipali – i cui risultati dai molteplici aspetti si prestano ad una approfondita riflessione – porteranno le sinistre e le destre sandiniste, liberali e conservatrici e il resto dei partiti a dibattere idee e a disputare spazi nei mesi precedenti le elezioni presidenziali. Se in questi dibattiti e in queste lotte risulteranno vincitrici le “sinistre” – più tolleranti, inclusive e lungimiranti – e se, al tempo stesso, la pressione dell’opinione pubblica riuscirà a far riformare in profondità l’attuale legge elettorale – che esclude e privilegia solo due partiti – il Nicaragua avrà vinto e le elezioni generali del 2001 avranno un ruolo importante nel difficile processo di costruzione della democrazia in Nicaragua.