«Abbiamo fatto germinare le nostre idee per imparare a sopravvivere in mezzo a tanta fame, per difenderci da tanto scandalo e dagli attacchi, per organizzarci in mezzo a tanta confusione, per rincuorarci nonostante la profonda tristezza.
E per sognare oltre tanta disperazione.»


Da un calendario inca degli inizi della Conquista dell'America.
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NICARAGUA / Radiografia preliminare dell'astensionismo

La crescita dell’astensione non era stata prevista. I due partiti fautori del patto ne hanno tratto vantaggio. Anche se non mancano gli indizi di un astensionismo ormai  “fisiologico”, è importante approfondire i motivi di tanto distacco.

Di Marcos Membreño Idiáquez, direttore di IDESO-UCA. Traduzione e redazione di Marco Cantarelli.

I risultati hanno colto l’opinione pubblica di sorpresa: il grande vincitore delle elezioni municipali è stato l’astensionismo. L’astensione è diventata di fatto un’opzione elettorale che ha superato ampiamente le percentuali di voto ottenute a livello nazionale dal Partito Liberale Costituzionalista (PLC) e dal Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN), i due maggiori partiti. È possibile stabilire con relativa certezza quante persone abbiano realmente deciso di astenersi il 5 novembre scorso? Chi sono questi nicaraguensi? Che caratteristiche hanno? Quali ragioni volontarie o involontarie li hanno portati a non votare? A queste e ad altre domande tentiamo di rispondere in base ad una ricerca realizzata dall’Istituto di Inchieste e Sondaggi di Opinione (IDESO) della Università Centroamericana (UCA), e finanziata dalla Agenzia Svizzera per lo Sviluppo e la Cooperazione (COSUDE) e dalla ambasciata danese in Nicaragua.
Uno o due giorni dopo le elezioni, i mass-media hanno annunciato il dato inatteso: il 40% dei nicaraguensi si era astenuto dal votare. Una così elevata percentuale era molto differente da ciò che l’opinione pubblica si era abituata ad ascoltare dagli stessi media nei due mesi precedenti il voto. Praticamente tutti i sondaggi avevano previsto un astensionismo del 20% a livello nazionale, con piccole variazioni, punto più o meno. A Managua, principale piazza elettorale del paese e, per questo, la più investigata, gli ultimi due sondaggi realizzati da IDESO, M&R e CINASE pronosticavano una astensione fra il 12 e il 20%.
Sbagliando, evidentemente. Comparando i risultati ufficiali preliminari del Consiglio Supremo Elettorale (CSE) con le persone iscritte nei registri elettorali, l’astensionismo è arrivato al 44,26%, dato che tuttavia sembra includere anche i voti annullati, sia per errore o per decisione politica. In 14 dei 17 dipartimenti del paese, l’astensionismo ha superato il 40%, mentre nel resto del paese è stato comunque inaspettatamente alto.
Come interpretare un dato così alto? In primo luogo, va ricordato che, da prima della campagna elettorale, i mass-media, diverse istituzioni della società civile e non pochi cittadini di diversi municipi avevano denunciato come il CSE non avesse “ripulito” i registri elettorali dai nominativi delle persone morte, straniere e emigrate. In che misura sarebbe risultata più alta l’astensione a conseguenza di ciò? Probabilmente, mai lo sapremo. Come mai sapremo con certezza se le denunce della mancata verifica dei registri rispondano a verità: «Il registro elettorale, sebbene ancora imperfetto, ha raggiunto ormai livelli accettabili di pulizia», ha dichiarato ad envío la ex presidente del CSE Rosa Marina Zelaya alla vigilia del voto.
Tuttavia, secondo alcuni dirigenti dell’opposizione, le copie dei registri consegnate dal CSE ai partiti in lizza non corrispondevano agli originali, custoditi gelosamente dal CSE. Insomma, c’è molta incertezza sulla questione.
Il registro elettorale riflette le debolezze storiche del sistema nicaraguense, segnato da gravi lacune nella registrazione delle nascite, delle morti e delle emigrazioni. Manca in vaste fasce di popolazione una “cultura della registrazione”: i neonati non vengono dichiarati, né si riportano le morti. Nell’attualità, il registro elettorale riflette anche l’indebolimento dell’istituzionalità democratica a causa del bipolarismo politico, che crea le condizioni e possibilità perché esso sia utilizzato dai due partiti che controllano il CSE come uno strumento per competere a svantaggio degli altri partiti partecipanti al processo elettorale e pure come campo di battaglia per rivaleggiare fra essi.
Il CSE è l’istituzione chiamata a fornire una spiegazione imparziale e ragionata degli elevati indici di astensionismo nelle recenti elezioni municipali. Ma pare sia la meno interessata. Considerando le scadenze a breve termine che l’elettorato nicaraguense ha di fronte - le elezioni presidenziali e legislative sono previste per il 5 novembre 2001 - l’opzione alternativa più affidabile e spedita sarebbe commissionare uno studio indipendente e apartitico, per confrontare i dati raccolti con quelli ufficiali del registro, sia a livello nazionale che municipale. Tale studio spingerebbe il CSE a ripulire a fondo e urgentemente l’attuale registro elettorale.
2001: la grande tentazioneL’astensionismo record nella storia elettorale del Nicaragua può convertirsi in un pericoloso precedente per le elezioni presidenziali e legislative del 2001. Perché se PLC e FSLN, i due partiti che oggi controllano le istituzioni statali fra cui il CSE, hanno tratto vantaggio dalle molte astensioni e dalle “impurezze” del registro elettorale, si può sospettare che alcuni dei loro dirigenti con meno scrupoli stiano già pensando di ricreare nel 2001 le condizioni istituzionali che hanno stimolato l’astensionismo. Tale sospetto è giustificato da come sono andate le cose nel municipio di Puerto Cabezas, sulla costa atlantica settentrionale, a maggioranza indigena mískita, nelle settimane precedenti il voto. Lì, il CSE avrebbe potuto evitare l’astensionismo, ma non l’ha fatto. Anzi, l’ha favorito più che altrove, negandosi sistematicamente ad accettare che il partito YATAMA, a base etnica, partecipasse al voto. Alla fine, il CSE ha raggiunto il suo obiettivo: l’FSLN amministrerà quel municipio, ma con appena il 9% dei voti, dal momento che l’80% dell’elettorato si è astenuto per protestare contro l’esclusione di YATAMA. Se il CSE non ha avuto alcuno scrupolo nel favorire l’astensione in quel municipio, dove l’astensionismo ha toccato la punta record, per quale motivo dovrebbe averne altrove?
PLC e FSLN potrebbero essere tentati dall’indurre all’astensionismo nelle elezioni del 2001. Godono di quattro vantaggi in tal senso: controllano il CSE, l’istituzione incaricata di elaborare e gestire il registro elettorale. Contano sulla esperienza di queste ultime elezioni. Hanno constatato che i “costi politici” dell’astensionismo sono relativamente bassi, come dimostra l’assenza di un movimento sociale o politico che mettesse in forse la legittimità delle elezioni o esigesse al CSE uno studio approfondito sui fattori interni al processo e al sistema che ha portato all’astensione. Soprattutto, sanno di aver vinto in molti municipi con appena il 20% dei votanti, percentuale assai simile allo “zoccolo duro” tanto del PLC come dell’FSLN. In definitiva, hanno tratto da queste elezioni la convinzione che potrebbero assicurarsi la vittoria nel 2001 favorendo un alto astensionismo, dal momento che il proprio elettorato più fedele sarebbe sufficiente ad assicurare la vittoria all’uno o all’altro.
Profilo dell’astensionistaÈ possibile ricostruire un identikit dell’astensionista. A tal fine, utilizzeremo i risultati di un’inchiesta condotta da IDESO-UCA fra l’8 e il 13 settembre 2000, cioè due mesi prima del voto, su un campione di 1.700 persone in età di voto di tutto il paese. Il margine di errore di tale sondaggio è del ± 2,5%, con un grado di fiducia del 95% per la stima dei principali parametri.
Soltanto il 19% del campione aveva manifestato l’intenzione di non votare in novembre.
Un “ritratto” di quel 19% può essere ricostruito a partire dai dati che appaiono nella colonna “Non voterò” della Tabella 5.
L’astensionismo è diffuso fra gli uomini come fra le donne. Soprattutto fra i votanti più giovani, di età comprese fra 16 e 19 anni, cioè la nuova generazione chiamata al voto per la prima volta, ma che ha preferito in buona misura astenersi. Probabilmente, nessun partito risultava attrattivo o convincente per questi elettori. Le astensioni sono diffuse più nelle città che nelle zone rurali, dove si conserva ancora maggiore fiducia nelle elezioni come fattore di cambiamento significativo.
Chi si astiene possiede un più elevato livello educativo. A votare di più è, infatti, un elettorato analfabeta o che non ha potuto concludere la primaria. Quanto al lavoro, si osserva una maggiore tendenza all’astensionismo fra chi non lavora. Chi si astiene si situa, comunque, nelle fasce di maggiore ingresso economico. Secondo il sondaggio, fra i cattolici la percentuale di astensionismo è appena inferiore a quella di protestanti e non credenti. Fra i protestanti, l’astensionismo può essere provocato da credenze che allontanano dalla politica o dall’opposizione all’attuale governo, apertamente e decisamente filo-cattolico. I fedeli della Chiesa Morava, nella Costa Atlantica, mostrano una maggiore tendenza all’astensionismo, espressione del rifiuto delle strutture statali amministrative imposte dai “bianchi” e dai meticci del Pacifico.
I non credenti sembrano invece appartenere ad una sinistra politica profondamente critica e scettica nei confronti dell’attuale sistema politico nazionale. Abitualmente, questi astensionisti non si informano via radio. Probabilmente, perché appartengono a fasce di ingresso medio-alto, meno assidue a questo mezzo. Le notizie le apprendono piuttosto dalla televisione o dai periodici. Attualmente, infatti, il comprare periodici o l’avere una tv suppongono un certo livello economico.
Sondaggi sbagliati?Fra i pronostici sull’astensionismo e i risultati elettorali c’è una grande  differenza, che va dal 15-20% al 45-50%. Vi sono perlomeno due spiegazioni. O i sondaggi erano sbagliati, il che porterebbe a concludere che questi non sono affidabili in presenza di un elettorato così güegüense (così si chiamava la maschera che l’indio usava nelle feste ai tempi della colonia per sorridere al signorotto spagnolo, mentre sotto la stessa celava in realtà il suo rancore, ndr) come quello nicaraguense, oppure chi realizzava le interviste aveva intenzioni politiche che hanno impedito di cogliere la verità. Viceversa, i sondaggi non erano sbagliati, ma tra la data degli stessi e quella delle elezioni sono successe cose che hanno fatto cambiare idea a molti elettori.
Due fatti, perlomeno, hanno avuto notevole impatto. Il primo: il CSE ha inviato, per via postale, ad un buon numero di elettori un avviso per segnalare in quale seggio votare. Per problemi tecnici, secondo le spiegazioni date, migliaia di questi avvisi contenevano indicazioni sbagliate. Al primo avviso ne è seguito, quindi, un altro, che si voleva corretto ma che, in realtà, era sbagliato anch’esso. Ciò ha aumentato ancor più la confusione. Tale “errore” ha prodotto un caos diffuso in tutto il paese il giorno del voto: migliaia di nicaraguensi si sono così presentati ai seggi sbagliati, scoprendo con sorpresa che i loro nomi non apparivano nei registri elettorali. I più tenaci sono andati alla ricerca del seggio “giusto” per ore. Molti senza trovarlo, altri con successo. Se non fosse che, al seggio, li aspettava una nuova sorpresa.
Di fronte alla evidente confusione di migliaia di votanti, infatti, il CSE ha autorizzato quest’ultimi a votare in un seggio “sbagliato”, a condizione che gli interessati provassero la residenza in quel territorio e acconsentissero a farsi ritirare la carta di identità per una successiva verifica. Tuttavia, migliaia di elettori hanno visto di mal grado tale disposizione e all’ultimo momento si sono astenuti dal votare. Molti hanno temuto, a ragione, di perdere, anche se in via temporanea, un documento costato loro molto. I sospetti di frode e il timore che la propria carta di identità potesse essere utilizzata in manovre fraudolente o con altri fini hanno spinto molti ad astenersi. Secondo Carlos Tunnermann, presidente di Etica e Trasparenza, il più prestigioso organismo nazionale di osservazione elettorale, questa è stata una delle principali cause dell’elevato livello di astensionismo.
Tre effetti combinatiNon è necessario ricorrere ad alcun osservatore elettorale per provare ciò che l’opinione pubblica nicaraguense ha potuto ascoltare o vedere: centinaia, migliaia di telefonate giunte alle stazioni televisive e radiofoniche, per chiedere l’indirizzo giusto del seggio in cui poter votare. Grazie allo sforzo dei media, connessi a Internet e operativi per tutta la giornata del 5 novembre e alla vigilia, migliaia di elettori hanno potuto votare. Con questo servizio, i media hanno contribuito – in quale dimensione resta da stabilire –, a ridurre il tasso di astensionismo. Tuttavia, paradossalmente e contro la propria volontà, hanno prodotto anche un effetto contrario: al vedere o ascoltare dai media il disordine, il disorientamento e la sfiducia di tanti che cercavano il proprio seggio, molta gente – quanta è anche qui difficile stabilirlo – che pure aveva intenzione di votare, ha desistito, constatando il caos esistente e subodorando brogli.
Un fenomeno simile è stato constatato e documentato dal politologo statunitense William Barnes nelle elezioni del 1997 nel Salvador, quando, a causa di una ridistribuzione e concentrazione dei seggi ordinate dal Tribunale Supremo Elettorale, moltissimi salvadoregni non furono in grado di trovare il seggio il giorno del voto.
Tutti gli indizi disponibili sembrano condurre alla stessa conclusione: nella retta finale del processo elettorale l’astensionismo è salito significativamente a causa della coincidenza di tre effetti: gli avvisi sbagliati, la richiesta di ritirare la carta di identità, le lacune dei registri elettorali. Il CSE, con le sue decisioni di ultima ora e il suo disarticolato sistema elettorale, è probabilmente il principale responsabile dell’errore dei sondaggi.
Parla chi non ha votatoIDESO-UCA ha indagato sui motivi che hanno spinto molti a non votare. Fra essi, ovviamente, non figurano gli avvisi o i ritiri delle carte di identità: tutto ciò è venuto dopo. Quali erano, dunque, le ragioni captate dal nostro sondaggio per astenersi, a due mesi dal voto?
Non tenendo conto di chi si è astenuto per motivi religiosi o perché assente, il 66,7% del campione intenzionato a non votare ha addotto quattro ragioni in tal senso (Tabella 6). Per il 45,9% non risultava attrattivo o convincente alcuno dei partiti partecipanti. In realtà, ancor prima dei citati effetti, la principale causa di astensione è stata l’esclusione di partiti e candidati decisa con il patto fra FSLN e PLC e attuata dal CSE, che ha ristretto ad arte il ventaglio delle proposte elettorali.
Il 24,4% degli astensionisti non aveva carta di identità. Due mesi prima delle elezioni, secondo i dati della nostra inchiesta, il 19% dell’elettorato nazionale non aveva ancora un documento di identità. La grande maggioranza di questo gruppo (70,3%) affermava di averlo richiesto senza successo al CSE. Il resto non l’aveva richiesto (13,9%), o non pensava di chiederlo (14,2%), oppure dichiarava di averlo perso e di non averlo più richiesto (1,7%).
L’11,9% degli astensionisti mostrava poi sfiducia nei confronti dell’onestà e della trasparenza del processo elettorale. Secondo quanto dichiarato da uno di essi, «non c’erano garanzie per il voto» a causa della polarizzazione partitica del CSE e in tutti i seggi.
L’8,9% mostrava invece apatia e scetticismo totale non solo nei confronti del processo elettorale ma del sistema politico.
Il fantasma del güegüenseChe peso può aver avuto nell’astensionismo non previsto il più volte citato spirito güegüense del popolo nicaraguense? Non rilevante, a quanto sembra. Quanti lo invocano per spiegare l’inatteso alto livello di astensioni, ne fanno, volenti o nolenti, una specie di capro espiatorio che fornisce un opportuno alibi al CSE, perché questi possa lavarsi le mani come massimo responsabile dell’astensione che tale potere dello Stato ha provocato per volontà o negligenza. Nel ricorrere alla teoria del güegüense, l’opinione pubblica può attribuire a quest’ultima caratteristica piuttosto che al CSE la causa dell’alto astensionismo.
Peggio: tale güegüense, che risponde sempre ai sondaggi con mezze verità e mezze bugie, serve anche al governo e ai due partiti che controllano il CSE per delegittimare d’un colpo i sondaggi indipendenti. È, peraltro, curioso come tutti i partiti facciano i loro sondaggi, con risultati che mai rivelano all’opinione pubblica.
Güegüense è un termine inappropriato per descrivere il timore delle persone ad esprimere liberamente la propria opionione in contesti di forte polarizzazione ideologico-politico-militare, quando pochissima gente si azzarda a dire senza inibizioni ciò che pensa o ciò che farà. Il campione supera allora il timore di rappresaglie dichiarandosi indeciso o ignorante sul tema. In questo senso, güegüenses non sono solo i nicaraguensi, ma tutti gli elettori del mondo in contesti di rischio o pericolo. Nelle elezioni del 1990, quando la polarizzazione ideologico-politico-militare fra l’FSLN e le forze di opposizione e della Resistencia (cioè la Contra, ndr), era estrema, le condizioni erano propizie perché la gente rispondesse güegüensemente ai sondaggi.
Oggi, tale radicata polarizzazione tende a lasciare il posto a quella che potremmo chiamare frammentazione multipolare. Un’inchiesta di IDESO-UCA realizzata a Managua il 21 e 22 ottobre scorsi su un campione di 1.180 persone, con il patrocinio della Chiesa svedese (SKM), ha rivelato che la maggioranza dell’elettorato della capitale (61%) non si riconosce nello schema di confrontazione antisandinismo/antisomozismo. In questa visione polarizzata si riconosce il 26% degli abitanti di Managua, mentre il resto si raggruppa nel polo degli antipattisti o degli scettici (10%), dei reticenti (3%), cioè di quanti hanno deciso di non rispondere a questa domanda del nostro sondaggio.
A quest’ultimo e minuscolo gruppo apparterrebbero i cosiddetti güegüenses delle elezioni municipali del 2000.
Gli organismi nazionale e internazionali di osservazione elettorale e gli osservatori politici trarranno le loro valutazioni dalle elezioni municipali nicaraguensi.
Ma non andranno oltre le congetture o le ipotesi se non chie- deranno direttamente alle persone interessate le ragioni che le hanno spinte a non votare il 5 novembre 2000. E se non domanderanno anche in quale momento hanno preso tale decisione. Dal momento che è abbastanza chiaro che le principali ragioni dell’astensionismo si siano dispiegate con tutta la loro forza alla vigilia del voto.

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