«Abbiamo fatto germinare le nostre idee per imparare a sopravvivere in mezzo a tanta fame, per difenderci da tanto scandalo e dagli attacchi, per organizzarci in mezzo a tanta confusione, per rincuorarci nonostante la profonda tristezza.
E per sognare oltre tanta disperazione.»


Da un calendario inca degli inizi della Conquista dell'America.
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NICARAGUA / I "brogli" che hanno preceduto il voto

Nelle elezioni municipali si è rivelata la pericolosa natura del patto PLC-FSLN: uniti solo per escludere gli altri.

Traduzione e redazione di Marco Cantarelli.

Le elezioni municipali del 5 novembre hanno avuto un finale deplorevole, quando i dirigenti del PLC hanno rinviato la pubblicazione dei risultati finali, resistendosi con ogni tipo di trucchi e pressioni ad accettare i risultati favorevoli all’FSLN, loro soci nel patto, in alcuni strategici municipi. Il presidente Alemán e il gruppo dirigente del PLC che gli è leale hanno dimostrato di non saper perdere e, peggio ancora, di non riflettere responsabilmente sulle ragioni di alcune loro sconfitte. I “brogli”  realizzati dagli attivisti dell’FSLN e del PLC il giorno del voto, quelli negoziati dai due partiti prima di pubblicare i risultati preliminari e quelli tentati o realizzati dal PLC prima della pubblicazione dei risultati definitivi hanno rivelato la pericolosa natura del patto PLC-FSLN – uniti per escludere, rivali fino a distruggersi a vicenda – e non devono cancellare dalla memoria la frode concordata e segnata dall’esclusione che ha preceduto queste elezioni.
Il patto PLC-FSLN ha avuto, infatti, la sua prima espressione pubblica nella riforma ad hoc della legge elettorale che entrambi i partiti hanno deciso di applicare in primo luogo nelle elezioni per i governi autonomi della Costa Atlantica nel marzo 1998. Con alcune varianti, quella è stata la riforma consumata definitivamente il 18 gennaio 2000, mentre al contempo entravano in vigore le riforme costituzionali accordate nel patto bipartitico.
Il problema fondamentale della riforma alla legge elettorale è la spartizione partitica di tutte le strutture elettorali, dal CSE in giù. Nel 1995, le affrettate riforme alla legge elettorale apportate dai diversi partiti che dominavano allora l’Assemblea – ad eccezione dell’FSLN e del PLC – motivarono le dimissioni del presidente del CSE, Mariano Fiallos, che criticò il passo indietro rappresentato dalla spartizione partitica delle autorità elettorali a scapito della loro professionalizzazione e capacità tecnica. Le riforme elettorali del 2000 non hanno risolto questo problema, ma lo hanno aggravato, imponendo al potere elettorale – come ad altri poteri e istituzioni dello Stato – il marchio bipartitico.
Le riforme costituzionali ed elettorali sono state criticate in pubblico ed in privato da diversi rappresentanti della comunità internazionale. Lo studio della legge elettorale realizzato da Horacio Boneo, con il patrocinio della cooperazione svedese, ha chiarito l’obiettivo escludente delle riforme. A mo’ di presa di distanza da tale decisione antidemocratica, la comunità internazionale non ha apportato alcun finanziamento per le elezioni municipali.
Le riforme hanno portato da 5 a 7 magistrati del CSE. L’aumento di alti incarichi non ha avuto altra giustificazione – oltre agli aspetti economici –  che permettere che gli stessi venissero ripartiti fra PLC (4) e FSLN (3). Il primo febbraio scorso sono stati eletti dalla Assemblea Legislativa – dominata oggi dal PLC e dall’FSLN – i nuovi membri del CSE: un liberale, Silvio Américo Calderón, e un sandinista, Emmet Lang. Tre giorni dopo, con cinque voti su sette, è stata “dimessa” la presidente del CSE, Rosa Marina Zelaya, subentrata nel 1995 a Fiallos (vedi intervista in queste pagine, ndr). Al suo posto, è stato eletto Roberto Rivas.
Il patto PLC-FSLN prevedeva che Zelaya e altri tre magistrati del CSE concludessero il loro mandato e abbandonassero i loro incarichi un anno prima di quanto stabilito dalla Costituzione, nel luglio 2000. Così è stato. Zelaya ha fatto ricorso per incostituzionalità alla Corte Suprema di Giustizia, ma questa non ha dato corso alla cosa. Ad eccezione di Rivas, persona assai vicina al cardinale Obando y Bravo, i quattro nuovi magistrati del CSE – due sandinisti e due liberali – hanno assunto l’incarico di organizzare le elezioni municipali soltanto tre mesi prima del voto.
Ricambio di tecniciNel CSE, vi sono oggi funzionari con esperienza e nuovi. Una parte dei “vecchi” e sperimentati tecnici sono rimasti al proprio posto, allettati dalle nuove offerte economiche (migliori salari, veicoli, etc.), garantendo la propria lealtà alle decisioni politiche prese ad alto livello, sia per  concretizzarle o per assentarsi strategicamente quando vengono messe in pratica. Quelli che non si sono “piegati” sono stati sostituiti da fedelissimi dei nuovi magistrati del FSLN e PLC.
Le riforme, inaugurate in queste elezioni municipali, hanno eliminato d’un colpo la possibilità di dar vita a liste civiche, opzione democratica introdotta dalla legge elettorale nel 1990 proprio per ampliare il panorama di opzioni nelle elezioni municipali e potenziare le leaderships locali.
In un ambiente politico come l’attuale, di fronte ad un così serio logoramento di partiti e dirigenti, l’eliminazione delle liste civiche e il riconoscimento della validità unicamente dei candidati presenti nelle liste chiuse dei partiti equivaleva a escludere a priori potenziali vincitori.
Inoltre, le riforme hanno imposto requisiti pressoché impossibili da adempiere ai partiti che volessero iscriversi e partecipare al voto o formare alleanze fra di essi. Uno di tali requisiti è la raccolta di firme di appoggio al partito e ai suoi candidati in quantità equivalente al 3% dei nominativi del registro elettorale del 1996. Nonostante il fatto che due partiti (evangelico e liberale) e due alleanze (sandinista-centrosinistra e liberali ed ex contras) avessero raccolto le firme necessarie, una procedura di verifica e calcolo delle firme, non stabilita dalla legge e amministrata arbitrariamente dalle autorità del CSE, li ha eliminati dalla contesa a metà luglio, in quella che è stata definita “la prima frode elettronica commessa in Nicaragua”. Inoltre, a tutti questi partiti il CSE ha cancellato la personalità giuridica, escludendoli così dalle prossime elezioni e dallo scenario politico.
Arbitrio e frodeL’8 agosto, il CSE ha deciso all’unanimità di escludere la candidatura a sindaco di Managua per il Partito Conservatore di Pedro Solórzano, il personaggio politico con più alto indice di popolarità nel paese e a Managua quasi sicuro vincitore nelle elezioni. Motivo? Nel 1999, al dividere Managua in tre municipi (Managua, El Crucero e Ciudad Sandino) il confine del secondo è stato arbitrariamente tracciato in maniera tale da passare esattamente sul cortile di casa Solórzano, di modo che questi è stato escluso dalla corsa in quanto non residente nella capitale...
La frode che ha preceduto le elezioni municipali è andata di pari passo con quella che precede le prossime presidenziali: il CSE ha, infatti, escluso i liberali del PLD, dissidenti da Alemán e guidati dall’ex ministro José Antonio Alvarado. E preparato le condizioni per l’esclusione del Movimento di Unità Nazionale (MUN) dell’ex capo dell’Esercito Joaquín Cuadra. L’esclusione del PLD ha rasentato l’assurdo. Quella del MUN è rinviata a gennaio.

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