«Abbiamo fatto germinare le nostre idee per imparare a sopravvivere in mezzo a tanta fame, per difenderci da tanto scandalo e dagli attacchi, per organizzarci in mezzo a tanta confusione, per rincuorarci nonostante la profonda tristezza.
E per sognare oltre tanta disperazione.»


Da un calendario inca degli inizi della Conquista dell'America.
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NORD/SUD / Cos'è il Piano Puebla-Panamá

A seguito della vittoria elettorale di Lula in Brasile il negoziato a livello continentale sull’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA), patrocinata dagli Stati Uniti, dovrà fare i conti con le critiche nel merito avanzate dal più grande paese latinoamericano. Tale congiuntura, tuttavia, è vista da alcuni governi come un’opportunità per fare progredire il trattato di libero commercio fra Centroamerica e Stati Uniti e, di conseguenza, anche il Piano Puebla-Panamá del presidente messicano Fox. In questo articolo, cerchiamo di capire di cosa tratta questa proposta.

Di Miguel Pickard. Traduzione di Maddalena Frigerio. Redazione di Marco Cantarelli.

Cosa sia il Piano Puebla-Panamá (PPP) è presto detto: si tratta di un enorme progetto di costruzione di infrastrutture, pensate per favorire le grandi imprese in un’area che comprende i 9 Stati meridionali del México (Puebla - da cui deriva il nome -, Campeche, Guerrero, Oaxaca, Tabasco, Veracruz, Quintana Roo, Yucatan e Chiapas, ndr) e i 7 Paesi centroamericani (vale a dire: Guatemala, Belize, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica, Panamá; ndr).
Chi sostiene maggiormente il PPP?Il México è, ovviamente, il più fervido sostenitore di questo progetto, ideato dal governo di Vicente Fox. Tuttavia, l’idea non è nuova in assoluto, ma riprende piani e progetti precedentemente elaborati dalla Banca Mondiale e dal Banco Interamericano de Desarrollo (BID), sia per il México che per il Centroamerica.
Divenuto presidente nel dicembre 2000, Fox ha assemblato i vari progetti regionali in un unico grande progetto, battezzato Plan Puebla-Panamá, che è stato quindi presentato ai presidenti centroamericani in una riunione svoltasi nel Salvador il 15 giugno 2001 e successivamente approvato.
Questo Piano ha relazione con il NAFTA (North American Free Trade Agreement: cioè, il trattato che ha istituito nel 1994 un’area di libero commercio fra Stati Uniti, Canada e México, ndr)?
Certamente. Ma, ora, gli Stati Uniti cercano di estendere le stesse regole ai 34 Paesi del Nord, Centro e Sud America e dei Caraibi – fatta eccezione per Cuba – attraverso un trattato commerciale noto come Accordo di Libero Commercio delle Americhe. L’ALCA ha una rilevanza geopolitica di grande importanza per gli Stati Uniti, dal momento che intende creare un unico blocco commerciale “dall’Alaska alla Patagonia”, sotto la tutela degli Stati Uniti, che così potranno così meglio far fronte ai  loro rivali commerciali europei ed asiatici. In sostanza, nelle intenzioni di Washington, l’ALCA è destinata a riaffermare ed estendere il dominio commerciale statunitense in tutto il continente americano. In questo senso, tanto il NAFTA che l’ALCA costituiscono un requisito necessario per creare “quell’ambiente favorevole” tanto ambìto dalle grandi imprese statunitensi.
Anche il PPP rientra in questa logica, anche se con una caratteristica specifica: canalizzerà investimenti per miliardi di dollari di fondi pubblici nello sviluppo di infrastrutture richieste come necessarie dalle grandi imprese.
Come si rapporta il PPP ad altri progetti di sviluppo dei commerci?In Sudamerica, il PPP “si sposa” con un altro progetto infrastrutturale, noto come Iniziativa per l’Integrazione Regionale del Sudamerica (IIRSA). Entrambi i piani coltivano, infatti, lo stesso obiettivo: creare le infrastrutture di base o migliorare quelle esistenti, al fine di incentivare gli investimenti delle grandi imprese. Le nuove infrastrutture sono destinate ad aumentare i profitti delle imprese, agevolando, fra l’altro, il movimento di beni da e verso le Americhe, grazie anche al netto miglioramento dei collegamenti stradali. Da notare, tuttavia, che gran parte del costo di tutti questi progetti ricadrà sui popoli dei Paesi coinvolti. Le opere verranno cioè pagate con fondi provenienti dalla riscossione di tributi o con prestisti concessi dal BID e dalla Banca Mondiale, che faranno aumentare di conseguenza il debito estero dei Paesi americani e che, alla fine, saranno comunque a carico dei contribuenti latinoamericani.
Chi saranno i principali beneficiari?Le grandi imprese statunitensi, senza dubbio. Il PPP agevolerà gli investimenti delle Corporazioni Transnazionali in un continente ricco di petrolio, minerali, boschi, acqua e luoghi turistici. In particolare, il Centroamerica è una delle zone più ricche di biodiversità al mondo, il che la rende specialmente attrattiva per le aziende farmaceutiche, di sementi e bio-tecnologiche in generale, interessate alla manipolazione genetica. Ma si tratta anche di una zona geograficamente strategica poiché, essendo la “cintura” delle Americhe costituisce anche un passaggio naturale per il commercio Est/Ovest.
Il PPP favorirà solo le corporazioni statunitensi?Per quanto gli investimenti in cerca di profitti nell’area del PPP potranno provenire da qualsiasi parte del mondo, saranno sicuramente le imprese statunitensi a trarne i maggiori benefici. Per varie ragioni.
In primo luogo, perché dal XIX secolo l’area del PPP è considerata “il cortile di casa” degli Stati Uniti, che da allora si sono assicurati che in questa zona del mondo prevalessero i loro interessi politici ed economici. Con insolita franchezza, l’ha confermato il Segretario di Stato degli Stati Uniti Colin Powell: «Il nostro obiettivo con l’ALCA è garantirci il controllo di un territorio che va dal Polo Artico fino all’Antartide, in cui le nostre imprese abbiano libero accesso e non trovino alcun ostacolo o difficoltà per vendere prodotti, servizi, tecnologia e capitali in tutto l’emisfero».
In secondo luogo, dopo l’11 Settembre, negli strateghi della sicurezza statunitensi è cresciuto l’interesse per il México e il Centroamerica. Tanto che il presidente Bush, nel gennaio 2002, ha proposto un nuovo Trattato di Libero Commercio con il Centroamerica, ottenendo dal Congresso l’autorizzazione a negoziare trattati commerciali mediante la via più veloce (fast track).
In terzo luogo, va considerato che la maggior parte degli scambi commerciali di México e Centroamerica, tanto le esportazioni che le importazioni, avvengono con gli Stati Uniti. Per esempio, oltre l’85% delle esportazioni messicane sono dirette verso gli Stati Uniti ed una percentuale analoga di importazioni proviene dagli USA. Pur con percentuali minori, anche il commercio estero del Centroamerica dipende dagli USA.
Per tutte queste ragioni, è da ritenere che saranno le corporazioni transnazionali statunitensi, peraltro già molto legate a questa regione, le più avvantaggiate dal PPP.
Perché quest’area?Secondo la versione ufficiale, il motivo è la promozione degli investimenti esteri in una zona ricca di risorse naturali, ma con livelli di povertà più alti rispetto al resto dell’America. Sostenuta dal BID e dalla Banca Mondiale, la presidenza Fox ha proposto il PPP come meccanismo per combattere la povertà in maniera “integrale”. Nella concezione neoliberista, tuttavia, la povertà si affronta attraverso la creazione di posti di lavoro, che arriveranno – si suppone – grazie agli investimenti delle corporazioni transnazionali che decidano di investire nell’area del PPP.
Per quale ragione le corporazioni non hanno ancora investito?In ogni parte del mondo, le corporazioni transnazionali cercano di incrementare i profitti, ma siccome oggi c’è una forte concorrenza fra i Paesi sottosviluppati di tutto il pianeta per attrarre investimenti, esse possono permettersi il lusso di essere selettive. Vogliono le cose facili e convenienti; ciò significa che tocca ai governi risolvere i “colli di bottiglia” nel settore delle infrastrutture. Le corporazioni si domandano: “perché istallare fabbriche in un’area dove scarseggiano le fonti energetiche? Se le strade si trovano in così pessime condizioni, come possono le materie prime arrivare alle fabbriche e i prodotti finiti uscirne?”. Nel caso abbiano bisogno di grandi estensioni di terra per avviare monocolture di esportazione, vogliono sapere se i contadini siano già stati allontanati dalle stesse o, comunque, messi in condizione di non “disturbare il manovratore”, grazie alla collaborazione del governo. La stessa domanda si pongono quando intendono condurre ricerche biotecnologiche su piante e microrganismi interessanti in zone ricche di biodiversità: “Le comunità indigene sono già state cacciate e neutralizzate?”; ciò, al fine di assicurarsi un accesso facile e rapido a queste risorse senza conflitti eclatanti. Le multinazionali pretendono che siano risolti tutti questi aspetti, prima di investire un solo centesimo. Tutto ciò, oltre ai tradizionali “regali” che solitamente i governi concedono loro: terreni per costruire le fabbriche, luce, acqua e gas gratis; esenzione dalle tasse per decenni; formazione della manodopera pagata dal governo; fra gli altri “incentivi”.
Come farà il PPP ad attirare capitali d’investimento?Uno dei punti principali del PPP è la costruzione di strade. Su due versanti: uno sulla costa del Golfo del México, dalla frontiera con il Texas fino alla penisola dello Yucatán, con diramazioni verso il Belize, il Guatemala e l’Honduras; mentre l’altro attraverserà la costa del Pacifico, da Ciudad de México al Guatemala e al resto del Centroamerica, fino a raggiungere Panamá. Un altro aspetto importante è la costruzione di dighe idroelettriche. Ne sono state progettate circa 25 nella regione del PPP, sia per produrre l’energia necessaria per l’industrializzazione dell’area, sia per soddisfare la richiesta di energia da parte del mercato statunitense. Questo scenario comporta il maggior pericolo per le popolazioni indigene. Con la costruzione di tali dighe, infatti, si prevede di inondare migliaia di ettari di terreno in uso, con relativa distruzione di siti archeologici, boschi naturali, paesi e comunità indigene. Si parla di almeno due, forse cinque, dighe per il Río Usumacinta, che divide il México dal Guatemala. Inoltre, si costruiranno molte infrastrutture per unire il Golfo del México con l’Oceano Pacifico: in particolare, è già in costruzione un “canale secco” (cioè, un collegamento stradale-ferroviario, ndr) nell’Istmo di Tehuantepec, nella parte più stretta del México, destinato a favorire il rapido transito di containers fra Est-Ovest (in alternativa, evidentemente, al canale di Panamá, ndr).
Quali sono i punti principali del PPP?Otto in tutto. Nei documenti principali si presentano in quest’ordine:
- sviluppo sostenibile;
- sviluppo umano;
- prevenzione dei disastri naturali e riduzione del loro impatto;
- promozione del turismo;
- agevolazione commerciali;
- costruzione di un sistema viario;
- interconnessione delle reti di energia elettrica;
- integrazione dei servizi di telecomunicazione, grazie alla Autostrada Mesoamericana dell’Informazione (AMI).
Gli ultimi 4 punti, ossia tutte le infrastrutture che sarebbero necessarie per incentivare gli investimenti delle corporazioni multinazionali nell’area del PPP, sono quelli più importanti per il governo Fox. I maggiori finanziamenti saranno destinati al miglioramento della viabilità, quindi all’interconnessione elettrica e alle agevolazioni commerciali.
Ognuno di questi 8 punti contiene, a sua volta, altri mega-progetti, per un totale di 28.
Quanti sono i soldi disponibili per il PPP?Si parla di 10 miliardi di dollari, ma altre fonti parlano di 25 miliardi di dollari. I principali finanziatori sono il BID, la Banca Mondiale, l’Unione Europea, la Corporación Andina de Fomento, il Banco Centroamericano de Integración Económica, le agenzie di sviluppo dei governi degli Stati Uniti, Giappone, Spagna e altri Paesi. Alcuni Paesi del PPP utilizzeranno fondi dei contribuenti per creare o migliorare le infrastrutture. Il governo messicano ha stanziato 550 milioni di dollari per il PPP, nel 2002; in realtà, la cifra originale era di 742 milioni, ma ha dovuto ridimensionarla. La maggior parte di questo denaro, circa l’84%, viene destinato al miglioramento della viabilità. Alcune aziende private contribuiranno a coprire alcune spese per infrastrutture, con la sola finalità di battere la concorrenza e controllare così il mercato. Per esempio, riguardo alla interconnessione elettrica, il PPP allaccerà le reti elettriche del México e del Centroamerica, grazie ad un’opera che costerà 405 milioni di dollari. L’impresa spagnola ENDESA contribuirà con 45,8 milioni, che le consentiranno di diventare comproprietaria della rete.
Quale sarà l’impatto del PPP sullo sviluppo?Dipende da cosa s’intenda per sviluppo. Il PPP è un progetto di opere pubbliche, cui obiettivo è quello di attrarre investimenti stranieri verso la regione. Esso è stato disegnato per rispondere agli interessi delle imprese. Sebbene in alcuni dei punti citati si parli di affrontare il problema della povertà, a ciò sono riservati pochi finanziamenti e l’elaborazione è la meno avanzata.
Gli economisti neoliberisti sostengono che il PPP porterà “sviluppo sociale”, ma all’interno di una logica ben precisa: l’investimento privato creerà lavoro e il lavoro sradicherà la povertà.
Si tratta di una semplificazione assurda. Gli investimenti di qualsiasi natura, pubblici o privati, non producono automaticamente una miglior qualità della vita per la maggioranza delle persone, se prima non si fanno passi verso l’eliminazione delle ingiustizie strutturali che esistono nell’ambito politico, economico, sociale e culturale.
Di fatto, l’investimento aumenta di molte volte la povertà, com’è avvenuto negli ultimi venti anni con gli investimenti stimolati dalla politica neoliberista, che non solo non hanno eliminato le ingiustizie storiche, ma hanno reso più ricche le persone ricche e incrementato le disuguaglianze.
I piani e i progetti del PPP vengono disegnati in collaborazione con le grandi imprese e secondo i loro obiettivi, non sono pensati per i 65 milioni di abitanti dell’area in questione, la maggioranza dei quali vive in condizioni di estrema povertà, un 75% di essi con meno di 2 dollari al giorno. Per tutto ciò molte organizzazioni sociali sono contrarie al PPP. Una delle ragioni principali di tale opposizione è il previsto sfruttamento delle risorse naturali destinato ad aumentare i profitti delle multinazionali, con scarsa o nulla preoccupazione per la gente che sarà direttamente colpita da tali progetti.
Nell’area interessata vive un centinaio di gruppi etnici e la maggioranza di essi non sa cosa sia il PPP. Quando ne sentono parlare e sono interpellati formalmente dal governo, dai banchieri e dagli imprenditori, spesso è solo per cooptarli in cambio di vaghe promesse e pochi benefici.
Che legame c’è fra il PPP e l’ambiente?Molte organizzazioni sociali si oppongono al PPP poiché temono che esso provocherà disastri ambientali. Per esempio, il Corridoio Biologico Mesoamericano, uno dei progetti più cari alla Banca Mondiale da anni, il cui obiettivo è “saldare” porzioni di territori ricchi di biodiversità lungo tutta la regione. Sebbene si suppone che ciò abbia la finalità di proteggere la flora e la fauna esistenti, va segnalato che a questi territori avranno accesso imprese farmaceutiche, di sementi ed altre, tutte ansiose di sfruttare le risorse naturali e brevettare nuovi prodotti. Per esempio, la ditta Pulsar, una delle più grandi al mondo nel campo della bioingegneria e delle sementi, ha già firmato accordi con Conservación Internacional per lavorare nella Selva Lacandona del Chiapas. Questo organismo si ammanta della bandiera di ONG ambientalista, ma nella sua giunta direttiva figurano dirigenti di grandi società come Navigation Technologies Corporation, Eagle River Inc., Hyatt Development Corporation, First Philippine Holding Corporation, USA Networks, ed altre. Considerando questa comunanza di interessi, è facile intuire come il PPP sia soprattutto un progetto per sfruttare risorse energetiche, minerali e biologiche, piuttosto che un disegno di sviluppo.
Non ci sono effetti positivi per i poveri?È difficile individuare aspetti positivi, dopo avera appurato che il PPP è stato disegnato per favorire le grandi imprese. È chiaro che un piano da dieci miliardi di dollari che fosse stato ideato per favorire la maggioranza sarebbe molto diverso, dal momento che metterebbe l’accento soprattutto sulla costruzione di scuole, cliniche rurali, strade di campagna per far uscire i prodotti agricoli dalle aree contadine isolate, piuttosto che autostrade e dighe idroelettriche. Uno dei vantaggi più decantati per i poveri è la quantità di posti di lavoro che saranno creati. Si tratta, tuttavia, di posti di lavoro nelle maquiladoras (vedi scheda a pagina ?, ndr) como quelle insediate alla frontiera nord del México dal 1966 e ormai in tutto il Centroamerica. La maggioranza di queste fabbriche sono impianti di assemblaggio che importano materia prima e componenti da altri Paesi e traggono profitto dalla manodopera sottopagata per fabbricare prodotti finiti. Le maquilas non rispondono alle necessità produttive del Paese che le ospita, ma esclusivamente agli interessi delle corporazioni.
Certamente, tali fabbriche hanno già dato impiego a milioni di persone dell’area interessata dal PPP, ma oltre ai bassi salari, i suoi vantaggi sono stati quasi impercettibili per il resto delle economie nazionali.
Per loro natura, le maquilas non devono soddisfare alcun requisito agli occhi del governo del paese che le accoglie, né ambientale, né sanitario, né sul piano dei diritti dei lavoratori, come quello di organizzarsi liberamente in sindacati. Nemmeno soddisfano altre condizioni come quella di usare beni di produzione nazionali, né di trasferire la tecnologia nel Paese in cui si insediano. Tuttavia, questo è il modello che si vuole promuovere in México e Centroamerica con il PPP: da una parte, infrastrutture migliorate grazie a citati progetti, dall’altra bassi salari per la manodopera, al fine di incoraggiare le corporazioni a insediare maquiladoras, dove andranno prevedibilmente a lavorare molti contadini cacciati dalle loro terre per far posto a progetti come le dighe idroelettriche, essenziali per il PPP.
Vi sono alternative?Ve ne sono e, pure, in fase abbastanza avanzata di elaborazione. La Alianza Social Continental (i documenti della ASC sono disponibili alla pagina web www.asc-hsa.org; ndr), un insieme di organizzazioni civiche di tutte le Americhe ha elaborato una proposta alternativa ai trattati di libero commercio e alle regole sul commercio che si vogliono imporre con l’ALCA. La proposta è stata accettata da centinaia di organizzazioni sociali e civiche di tutta l’America.
Ci sono alternative. Come dichiara Global Exchange, (un’organizzazione umanitaria con sede in California www.globalexchange.org, ndr): «Gli esperti e gli uomini di cultura vogliono farci credere che la globalizzazione corporativa è un fenomeno naturale, ma nulla è più falso. Nemmeno il processo economico attuale noto come “globalizzazione” può essere inteso come naturale. Più semplicemente, è stato disegnato e sostenuto da molte corporazioni. Ci sono cittadini in tutto il mondo che stanno creando un’alternativa: una globalizzazione che parta dal basso, del popolo, che ponga in primo piano la giustizia economica, sociale e politica quando si parla di commercio e investimenti. Nel continente americano ci sono gruppi di cittadini che hanno elaborato un Accordo Alternativo per le Americhe, che contiene indicazioni per la sperimentazione di scambi commerciali che siano socialmente responsabili e naturalmente sostenibili».

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