NICARAGUA / Herty Lewites: "Siamo indipendenti e di sinistra"
Ha collaborato alla traduzione Giampaolo Greco. Redazione di Marco Cantarelli.
Lei e la sua alleanza vi considerate un movimento di sinistra?
«L’alleanza che stiamo costruendo è un movimento di sinistra moderna, dove vogliamo che le cose funzionino in maniera orizzontale. Grazie alla nostra alleanza, il Nicaragua ha ormai una sinistra ancorata alla nostra realtà e nella realtà nella quale oggi si sviluppa il mondo.
Io sono stato, sono e morirò sandinista. Credo che oggi il Nicaragua e i sandinisti stiano affrontando una situazione molto più difficile di quando lottavamo contro Somoza. Con il patto (Ortega-Alemán, ndr), i danielisti e gli arnoldisti hanno organizzato una vera dittatura: la Corte Suprema, il Potere Elettorale e l’Assemblea Nazionale sono nelle loro mani e fanno solo ciò che loro vogliono. O stai con loro o sei liquidato. Inoltre, negli ultimi quindici anni, abbiamo avuto governi che non si sono mai occupati delle fasce più deboli della popolazione. La ricchezza si è concentrata in mano di pochi e la povertà ha toccato livelli mai raggiunti nel nostro Paese. Io farò di tutto perché questo cambi, affinché in Nicaragua ci sia uguaglianza, perché tutti abbiano la possibilità di vivere come esseri umani.
Se non dovessimo raggiungere la Presidenza delle Repubblica o un numero sufficiente di deputati per proporre una riforma costituzionale, entro dieci anni in Nicaragua scoppierà una crisi tremenda. Questa situazione non può continuare. Com’è possibile che quattro nicaraguensi su dieci vivano con sette pesos (come popolarmente vengono chiamati i córdobas, la moneta nazionale, equivalenti a circa 30 centesimi di euro, ndr) al giorno? Com’è possibile continuare a sopportare tanta ingiustizia e disuguaglianza? Io non sono contro i ricchi, ma non lascerò che continuino ad arricchirsi sulle spalle della povera gente. Penso che ragionare in questa maniera sia di sinistra.»
Perché tante critiche all’FSLN?
«Non ce l’ho con il Fronte Sandinista, che è qualcosa di sacro per me. Sono contro chi lo manovra, contro un vertice composto da non più di 20-25 persone, che sono corrotte. Lo posso dimostrare: criticano i ricchi, i borghesi e gli sfruttatori, ma quei signori vivono come i borghesi e sfruttano la gente. Fino a quando questo gruppo gestirà il Fronte Sandinista come un’azienda privata, il Fronte non sarà più quello di un tempo.»
Che sentimento le causa l’aver rotto con il FSLN?
«Non è facile per me, dopo 35 anni sotto la bandiera rossonera, dopo tutto quello che è successo. Per quella bandiera ero disposto a dare la vita, come l’hanno data tanti compagni, fra cui mio fratello Israel (morto durante l’insurrezione, ndr) e, ora, mi vietano di utilizzare quella bandiera: non credete sia triste per me? Ma non cederò agli interessi corrotti della cupola che regge il Fronte Sandinista. Quando ho avanzato la mia candidatura presidenziale per l’FSLN, Miguel D’Escoto mi ha detto: “Preferiamo perdere con Daniel che vincere con Herty”. Ma che posizione è mai questa? Avverto in queste parole un servilismo paralizzante.
Io morirò sandinista, ma alla tavola del danielismo, dove siede la cupola che ha commesso tante ingiustizie, non ci tornerò mai. E chiedo a Dio la forza per resistere in questa lotta, perché il danielismo è molto potente e ha molto denaro. È vero che sono stato con loro 35 anni, ma è anche vero che non è mai tardi per cambiare, che non è mai tardi per amare. Era arrivato il momento di separarmi dalle ingiustizie che avevano commesso e cercare di rinnovarsi, come riscattare i valori del sandinismo e portare di nuovo i sandinisti al governo per cambiare il Nicaragua.»
Quali rapporti avrebbe il suo governo con l’FMI?
«Sappiamo cos’è il Fondo Monetario Internazionale e come ha completamente incatenato questo Paese, i cui governanti firmano tutto ciò che il Fondo chiede loro. Ed è così che siamo arrivati all’attuale situazione. La Bolivia, che è un Paese in condizioni di enorme povertà, riserva il 9% del Prodotto Interno Lordo all’istruzione. Noi solo il 3%! Che futuro possiamo avere così? Un milione di bambini che non frequentano la scuola! Aule con 70 alunni e solo una maestra, che guadagna appena 70 dollari al mese e che spesso deve fare 7 chilometri a piedi per raggiungere la scuola. Con che forza mentale e che ottimismo quella maestra può raggiungere la sua scuola? Quando saremo al governo bisognerà rinegoziare immediatamente molte questioni con il Fondo Monetario, e lo faremo in base ai nostri principi di impegno nella giustizia sociale e da una posizione indipendente.»
Che cambiamenti ci saranno in materia economica?
«Sarà una politica economica di sostegno e difesa principalmente delle piccole e medie imprese. Nella valle di Jalapa (nell’estremo Nord, ndr), per esempio, si possono produrre 150 quintali di mais per manzana. Ma, nel 2005, sono stati seminate soltanto 2 delle 35 mila manzanas coltivabili (1 manzana corrisponde a 0,7 ettari, ndr) nella valle. Per mancanza di crediti. Questa situazione deve cambiare, a Jalapa e in tutto il Nicaragua. Dobbiamo fornire tecnologia e prestiti. Possiamo ovviare agli svantaggi del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti solo se sapremo difendere i piccoli e medi produttori che oggi sono disperati e abbandonati. Sarà responsabilità del nostro governo rafforzare quei produttori agricoli e le piccole e medie imprese.
Oggi, molte delle grandi industrie del Nicaragua vendono o imbottigliano prodotti stranieri. Prendono lo sciroppo che viene da fuori, lo mescolano con acqua e la gente beve Coca-Cola come impazzita e più nessuno beve tiste, cebada, pinolillo (bevande tipiche nicaraguensi, ndr). È triste, uno spreco di denaro. Possibile che nessuno sia capace di produrre e vendere succo di ananas, pitahaya, guayaba, di altri nostri frutti? Qui, a produrre ricchezza sono quelli che si sporcano di terra e sopportano il sole. Bisogna appoggiarli, proteggerli e riscattare i nostri valori. Sarà responsabilità del nostro governo: lavorare, fare il possibile e l’impossibile per i piccoli e i medi produttori, per non perdere anche la nostra identità.
Vogliamo creare un fondo che possa incentivare quest’ultimi. In Costa Rica, il salario di un operaio, di una domestica, di un falegname, è dignitoso, perché c’è un governo che li protegge. Noi genereremo lavoro con politiche che daranno impulso alle piccole e medie imprese, creeremo scuole per dare formazione ai giovani nei mestieri di falegnameria, carpenteria, idraulica e altri servizi necessari allo sviluppo del Paese. Non penseremo solo alle maquilas, che offrono solo salari da sopravvivenza. Chi può vivere con 90 dollari al mese? Chi è in grado di sopportare per tanto tempo tale regime carcerario?»
Prevedete di sviluppare il turismo con il vostro programma?
«Sì, prevediamo uno sviluppo in grande scala del turismo. Ma, anche qui, daremo la priorità alle piccole e medie imprese, ai loro progetti ed iniziative. Con questo fondo di credito per la produzione e servizi, vogliamo incentivare quanti vorranno creare piccole strutture di ospitalità. Elargire prestiti di dieci, dodici, quindicimila córdobas. Il turismo rurale sta attirando sempre di più. Al turista piace essere ospitato in piccole case, in case di campagna, ma che abbiano comunque certe comodità. Promuoveremo, inoltre, gli investimenti anche nelle grandi imprese turistiche. L’anno scorso, il Costa Rica ha registrato entrate per 3 miliardi di dollari grazie al turismo. Là, si contano 40 mila alloggi adibiti al turismo, mentre in Nicaragua ne abbiamo solamente 3 mila. Nella zona di frontiera comune, il Costa Rica può mettere a disposizione 18 mila alloggi, noi nessuno. Forse, i costaricensi sono più intelligenti di noi? No, non è per quello, ovviamente. È perché, nel 1948, don Pepe Figueres investì molto nell’istruzione e questi sono i risultati. Anche il nostro governo investirà molto nell’istruzione, affinché da qui a 15-20 anni il Nicaragua cambi volto. Sarà impossibile raggiungere tali risultati in 5 anni. Ma inizieremo il cammino.»
Quale sarà la vostra politica energetica?
«Vogliamo uno sviluppo su larga scala delle energie alternative. Questo è uno dei punti prioritari del nostro programma. Il Nicaragua ha grandi risorse nei vulcani, nei venti, nelle acque. Se avessimo cominciato negli anni della rivoluzione a pensarci e a metterlo in pratica, saremmo già del tutto indipendenti dal petrolio. Tuttavia, nessun governo si è, invece, preoccupato di sviluppare progetti energetici alternativi al petrolio; né quello sandinista, né quello di doña Violeta, ancora meno quello di Alemán, che è riuscito solo a ottenere dalla ENRON degli enormi impianti che consumano grandi quantità di petrolio. C’è bisogno di cambiare. Com’è possibile che in Nicaragua l’83% dell’energia consumata dipenda dal petrolio, mentre in Costa Rica solo il 35%?»
Cosa pensa della questione femminile nel nostro paese?
«Mi ferisce particolarmente vedere bambine di tredici anni che vendono il loro corpo agli angoli delle strade. Dispiace vederle mentre vanno con uomini che girano con delle macchinone da 60 mila dollari. Cosa ne pensano i milionari di questo Paese? E nei tribunali, cosa succede? Se un uomo violenta una bambina, versa quattro soldi al giudice e riacquista la libertà. Voglio impegnarmi a fermare questa violenza contro le nostre ragazze ed evitare tale impunità.
Per esperienza personale, so che le donne sono più leali, più efficienti e più responsabili degli uomini. Dobbiamo dare loro maggiori opportunità. Ricordo sempre una frase che mi diceva mia madre: “Madre per cento figli, padre per nessuno”; cioè, di cento figli, una madre non ne lascia morire uno, mentre un padre, a causa del maschilismo imperante in questo Paese, è capace di farli morire tutti. Proprio per questo, dei 20 mila titoli di proprietà di lotti urbani che ho concesso quando ero sindaco di Managua, soltanto 5 erano intestati a uomini.»
Quale politica intende seguire per favorire la costa caraibica?
«Il Nicaragua è diviso in due parti. Durante la stagione delle piogge si possono impiegare sette giorni per raggiungere Puerto Cabezas (capoluogo della Regione Autonoma dell’Atlantico Nord, nota anche con il nome indigeno di Bilwi; ndr) da Managua. Un carico di camion da Managua alla Costa può costarti fino a 30 mila córdobas (circa 1.350 euro, ndr). Da quelle parti, la gente guadagna molto meno che sul Pacifico, eppure tutto costa un 30% in più. Viviamo in due mondi separati, per mancanza di comunicazione. Non si può continuare così. La costa caraibica è parte integrante del nostro Paese ed è anche più ricca di risorse naturali rispetto alla zona del Pacifico. Ci impegneremo affinché questo isolamento e questa divisione terminino; per questo, sarà fondamentale l’autonomia della regione costiera. Senza di essa, non ci sarà sviluppo. I due governatori (delle Regioni Autonome dell’Atlantico Nord e Sud, ndr) saranno parte integrante del mio gabinetto. Vogliamo che siano loro stessi a difendere la propria autonomia e a decidere sugli investimenti da effettuare nella Costa.»
Che tipo di politica estera prospettate?
«Le nostre relazioni con l’estero saranno di rispetto verso tutti i Paesi. Io non sono il candidato degli Stati Uniti, ma questo non significa che svilupperò relazioni ostili con gli Stati Uniti. Così come non manterrò relazioni ostili con Chávez, né con Cuba, né con altri Paesi. Finché ci rispettano e non ci saranno ingerenze, andremo d’accordo.»
Chi finanzia la vostra campagna elettorale?
«Se per qualcosa stiamo lottando in questo movimento, è per l’indipendenza. Non ci vedranno far la fila all’ambasciata statunitense e nessuno ci imporrà di instaurare relazioni con questo o quel Paese. Allo stesso modo, non chiederemo udienza al gran capitale del Nicaragua per farci finanziare la nostra campagna elettorale, magari con la condizione che dopo saranno loro a dettarci i nomi di qualche ministro per mantenere il privilegio di evadere le tasse. Non vogliamo che ci finanzino la campagna elettorale a cambio di continuare a non pagare le tasse.
Stiamo facendo l’impossibile per essere i più indipendenti possibili, per governare dopo con autonomia e mettere in atto quelle forme di giustizia sociale di cui il Paese ha bisogno. Per evitare ogni genere di compromessi, quando ero sindaco di Managua, all’inizio riscuotevo 300 milioni di córdobas in tasse; alla fine, erano diventati 930 milioni. Feci pagare le tasse ai ricchi che prima non le pagavano. Non volevo scontrarmi con essi, ma dissi loro che avrebbero dovuto contribuire e li feci pagare. Qui si evadono 3 miliardi di córdobas all’anno di imposte. Vi immaginate cosa potremmo fare con tutti questi soldi nel campo dell’istruzione? Questo Paese sarebbe diverso. Per esempio, una delle nostre proposte è eliminare i megasalari e investire i fondi così ricavati nel sociale. Ma, prima ancora che questo diventi legge, la nostra alleanza si impegna a far sì che i componenti del nuovo governo e gli eletti al parlamento si autoriducano lo stipendio della metà. Con quello che si risparmierà, creeremo un fondo per gli investimenti sociali. Non aspetteremo che approvino la legge, lo faremo appena arrivati al governo.»
C’è chi propone un’alleanza fra lei e Montealegre? Cosa ne pensa in proposito?
«Eduardo Montealegre ed io abbiamo due modi di vedere le cose differenti. Lui ha una formazione bancaria e una sensibilità sociale diversa dalla mia. Nel suo pensiero e nella sua ideologia non c’è nulla in comune con me. Solo nella battaglia contro il patto (Ortega-Alemán, ndr) i nostri punti di vista coincidono. Ho già parlato con lui e gli ho proposto di firmare un accordo, a Settembre, affinché i nostri deputati uniscano i loro voti nell’Assemblea Nazionale per iniziare a smantellare il patto. Spero che lui mantenga la parola, visto che né noi né Montealegre prevedibilmente riusciremo a raggiungere i 56 deputati, cioè la maggioranza richiesta per iniziare una riforma costituzionale che metta fine al patto. In questo sì, possiamo e dobbiamo unire le nostre forze, e proprio questa è stata la mia proposta a Montealegre.»
Il vostro è un progetto che andrà oltre un’alleanza elettorale?
«La nostra coalizione è formata dal Movimento per il Riscatto del Sandinismo, da due partiti, il Movimento di Rinnovamento Sandinista e il Partito di Azione Civica, da altri gruppi politici socialisti e socialcristiani, da varie organizzazioni sociali. Non vogliamo perdere, una volta passate le elezioni, il potenziale che abbiamo accumulato in questi mesi nel Paese. Abbiamo ormai una rete nazionale, così come dirigenti in tutti i municipi. Pensiamo che dopo le elezioni dovremmo unirci in un nuovo partito, per sfidare il Patto, la cupola danielista, il liberismo di Alemán, il neoliberismo di Montealegre, e lottare per la giustizia sociale. Questo sarà il prossimo obiettivo. Non abbiamo prodotto tutto questo sforzo solo per un appuntamento elettorale.»
Quali sono i limiti del vostro progetto che ha potuto riscontrare in giro per il Paese?
«Questo popolo è stato tradito dalla sua classe politica, al punto che mi vergogno persino di entrare nelle case della gente. Qualche giorno fa una anziana signora mi ha detto: “ma che dici, figlio mio, io non credo più a nessuno! Qui veniva Danielito (Ortega, ndr), mangiava e beveva il caffè che gli offrivo, e ora non si è alleato con quel grassone (Alemán, ndr)? E come posso crederti adesso?”. Cosa posso dire a quella signora? La gente ha perso completamente fiducia nella politica e nei politici. Non ha torto. Appena ci si avvicina alla casa di qualcuno, si rischia di venire presi a calci nel sedere! Riscattare la fede nella politica non sarà facile.»
Crede veramente nella vittoria, nonostante i limiti finanziari della sua campagna elettorale?
Sì, lo credo. Vinceremo. Nessuno nella storia del Nicaragua aveva un apparato elettorale come quello che aveva il Fronte Sandinista nel 1990, eppure perdemmo le elezioni contro doña Violeta, che andava in giro con un bastone e quel che faceva era solamente salutare e sorridere alla gente. In quel momento, il popolo era stanco della guerra e capì che doña Violeta era una scelta di pace, e la votò. Ora, il popolo è stanco di tanta povertà e del patto, e credo che capirà che noi siamo la possibilità per cambiare e migliorare la vita del Nicaragua, e voterà per noi. Non mi spaventano le campagne elettorali enormi e sprecone. Il denaro aiuta una campagna elettorale, ma non la determina. Voglio essere il presidente di tutti, non voglio mettermi contro qualcuno. Ma credo anche che vada detta la verità, a qualsiasi costo. Se vogliamo cambiare la cultura del Nicaragua, non possiamo avere un doppia morale su nessun argomento. Se non ci votano perché diciamo la verità al popolo e perché siamo onesti, va bene così. Non diremo menzogne per conquistare dei voti.
Ripeto: non accetteremo che il grande capitale ci dia un milione di dollari di finanziamento e che, in cambio, siano loro a nominare il Ministro del Tesoro e il Presidente della Banca Centrale. Non voglio arrivare al governo e trasformarmi in un burattino nelle loro mani. Il grande capitale ha eletto e deposto presidenti in Nicaragua e ora questa pratica deve terminare. I soldi non determineranno questa campagna elettorale. Non ho grandi risorse, ma non sprecherò quello che ho. Se vogliamo austerità dai governi, è attraverso le campagne elettorali che dobbiamo dimostrare che vogliamo e che abbiamo austerità. Fidatevi di me. Io ho fiducia in voi che possiate aiutarmi a cambiare il Nicaragua.»