«Abbiamo fatto germinare le nostre idee per imparare a sopravvivere in mezzo a tanta fame, per difenderci da tanto scandalo e dagli attacchi, per organizzarci in mezzo a tanta confusione, per rincuorarci nonostante la profonda tristezza.
E per sognare oltre tanta disperazione.»


Da un calendario inca degli inizi della Conquista dell'America.
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GUATEMALA / Le varie facce della “primavera civica"

Il risveglio della coscienza pubblica contro la corruzione si è tradotto nella sconfitta, al primo turno di Manuel Baldizón. Il rovescio della medaglia si è visto, però, al secondo turno: un commediante è diventato Presidente della Repubblica grazie all'appoggio dei militari. Che bilancio trarne? Cosa presagiscono i risultati elettorali per il Paese? La grande sfida per la società civile indignata sarà vigilare attivamente sull'operato del nuovo governo.

Articolo di Juan Hernández Pico.
Traduzione e redazione di Marco Cantarelli.

Molta gente ha seguito con ammirazione, e continua a farlo, ciò che il popolo guatemalteco ha raggiunto in sei mesi di protesta civica inscenata nelle strade del Paese. Ma è necessario esaminare criticamente ciò che è stato, o meno, raggiunto in quella che è stata definita la “primavera” guatemalteca.
Nel clima di entusiasmo venutosi a creare, ci si chiedeva cosa avrebbero potuto produrre le manifestazioni di massa di protesta contro la corruzione dilagante nel Paese e nel governo. Ci si chiedeva se quel movimento avrebbe significato la fine del periodo iniziato con il rovesciamento del presidente Arbenz e la conseguente cancellazione del suo programma di democratizzazione e ammodernamento portato avanti nel decennio della “rivoluzione guatemalteca” (Ottobre 1944 / Luglio 1954), che suscitò molte speranze fra i contadini, in ragione della riforma agraria.
A quella speranza seguì una controrivoluzione, un'epoca segnata dal conflitto armato interno, iniziato nel 1960 con una rivolta di un settore scontento dell'esercito e durato fino al 1996, quando vennero firmati gli Accordi di Pace tra l'Unione Nazionale Rivoluzionaria Guatemalteca (URNG) e il governo di Álvaro Arzú, costato oltre 200 mila morti.

Alla ricerca di una nuova nazione

Gli Accordi di Pace rappresentavano il progetto di una nuova nazione, ma furono incorporati come legge della Repubblica soltanto sotto la presidenza di Óscar Berger (2004-2008) e mai sono stati applicati del tutto, vanificando in tal modo la speranza che avevano suscitato. La Commissione Internazionale contro l'Impunità in Guatemala (CICIG), creata nel 2006 grazie ad un accordo fra le Nazioni Unite e il governo Berger, è stata anch'essa frutto degli Accordi di Pace. Per otto anni, la CICIG ha investigato sulla corruzione nello Stato. Dal 2013, la CICIG è stata diretta dal magistrato colombiano Iván Velásquez, con il sostegno, a partire dal 2014, dell'ambasciatore degli Stati Uniti in Guatemala, Todd Robinson.

Il fattore scatenante

Nel 2015, la CICIG e la Procuratrice Generale della Repubblica, Thelma Aldana, hanno reso noti i risultati di un'indagine che ha fatto luce su di una struttura illegale clandestina detta “La Línea”, dedita a frodare pesantemente lo Stato, riscuotendo tangenti da importatori, in cambio di forti sconti sui dazi doganali da essi dovuti. Numerosi alti funzionari governativi sono stati incriminati e incarcerati. La Vicepresidente Roxana Baldetti è risultata coinvolta tramite il suo segretario privato, Juan Carlos Monzón.

Poco dopo, un'altra frode è venuta alla luce, questa volta nella Sicurezza Sociale, per la quale 18 persone sono morte a seguito di trattamenti di emodialisi inefficaci in quanto falsificati. 
A questi scandali si è, poi, aggiunto il ridicolo contratto miliardario approvato da Baldetti per “purificare” le acque del lago di Amatitlán... con acqua salata!

L'audacia civica

Tutto ciò ha suscitato l'indignazione pubblica. Il 25 Aprile 2015, 30 mila persone, soprattutto di classe media, hanno manifestato nella capitale contro la corruzione. Chiedendo le dimissioni di Baldetti e, pure, del Presidente Otto Pérez Molina. Da quel giorno e fino al 25 Agosto, quando la CICIG ha chiesto l'incriminazione di Pérez Molina, le manifestazioni non si sono fermate, propagandosi dalla capitale ai capoluoghi provinciali e coinvolgendo organizzazioni contadine ed indigene delle aree rurali.
È stata un'impresa l'aver messo a nudo la corruzione dei massimi funzionari governativi. Ancor di più lo è stato non far scemare l'indignazione popolare con dimostrazioni incessanti nei mesi seguenti, fino a che Baldetti e Pérez Molina si sono visti costretti a rinunciare, finendo prima in tribunale e quindi in carcere, dopo che la Corte Costituzionale ha respinto i ricorsi da essi presentati.
Nell'interregno, il Vicepresidente eletto dal Congresso dopo la rinuncia di Baldetti, Alejandro Maldonado, ha assunto la presidenza. Dei tre candidati da lui presentati, il Congresso ha scelto come suo Vicepresidente Juan Alfonso Fuentes Soria, un odontoiatrico, incompetente ex rettore dell'Università di San Carlos, un uomo profondamente conservatore.

Le sorprese del primo turno

Con questi insoliti antecedenti, il 6 Settembre 2015 si sono svolte le elezioni presidenziali, parlamentari e comunali, secondo la Legge Elettorale e sui Partiti Politici (LEPP) in vigore, che invano molti avevano chiesto di modificare prima di andare al voto. Tale richiesta, tuttavia, non ha avuto lo stesso seguito nella società, nonostante l'indignazione, delle richieste di dimissioni di Baldetti e Pérez Molina. Il Congresso, che avrebbe dovuto modificare la legge, contava su una maggioranza di parlamentari corrotti ed ha fatto di tutto per addomesticare il progetto di riforma inviato dal Tribunale Supremo Elettorale (TSE) e per ritardare il suo invio alla Corte Costituzionale, procedura necessaria trattandosi di una legge costituzionale.
I risultati delle elezioni hanno sorpreso molti, anche se i sondaggi degli ultimi giorni li avevano in qualche modo prefigurati. L'affluenza alle urne è stata del 71%, percentuale molto alta nella storia elettorale guatemalteca. Una persona sulla quale nessuno avrebbe scommesso cinque mesi prima, il commediante Jimmy Morales, creatore e direttore del programma televisivo Moralejas (Morale, ndr), nel quale recitano lui e suo fratello, è arrivato primo con oltre un milione di voti, pari al 23,85% dei voti.
Morales si presentava come candidato del Fronte di Convergenza nazionale (FCN), creato dall'Associazione dei Veterani Militari del Guatemala (AVEMILGUA), coalizzato ad un altro partito poco conosciuto, denominato Nazione. Al secondo posto, Sandra Torres, divorziata dall'ex presidente Álvaro Colom (2008-2012), candidata dell'Unità Nazionale della Speranza (UNE), creata da Colom.
Anche se i sondaggi la davano in crescita, Torres figurava terza nelle preferenze elettorali dietro a Manuel Baldizón, candidato di Libertà Democratica Rinnovata (LIDER). Quella tendenza è risultata confermata e Torres ha superato, anche se di poco Baldizón, ottenendo quasi un milione di voti, pari al 19,76% dei suffragi.
La seconda sorpresa elettorale, e probabilmente quella di maggior rilievo è stata, per l'appunto, il terzo posto di Baldizón, con il 19,64% dei voti, rimasto così escluso dal ballottaggio.
I voti nulli e le astensioni sono stati pari al 10%, posizionandosi al “quarto posto”. 
Al quinto, è arrivato Alejandro Giammatei, candidato di Fuerza (Forza, ndr), assolto in un processo per presunta complicità nell'omicidio di diversi prigionieri nel 2007, quando era direttore del sistema carcerario: ha ottenuto il 6,45% dei voti.
Al sesto posto si è piazzata Zury Ríos, figlia del generale in pensione Efraín Ríos Montt, dall'oscuro passato. Con il 5,89% dei voti.
Altri cinque candidati si sono divisi il restante 15% dei voti.
Il risultato più importante di queste elezioni è stata la sconfitta di Baldizón, più che la vittoria di Morales. La sconfitta di Baldizón è stata la conseguenza più importante del cambiamento di prospettiva, frutto dell'indignazione maggioritaria della popolazione guatemalteca nei confronti della corruzione politica.

“Tocca a Baldizón”

Nelle elezioni del 2011, Baldizón era arrivato secondo, perdendo al ballottaggio contro Pérez Molina. Da 20 anni e dopo cinque elezioni presidenziali, il perdente in una tornata elettorale risultava sempre il vincitore in quella seguente. Portillo aveva perso contro Arzú nel 1995 e vinto poi, nel 1999, contro Berger; questi aveva vinto contro Colom nel 2003, che si era rifatto su Pérez Molina nel 2007. Quindi, Pérez Molina Molina era prevalso su Baldizón nel 2011.
La presidenza, dunque, sarebbe “toccata” ora a Baldizón, che aveva fatto di tale serie di probabilità l'asse della sua costosa campagna elettorale, fino a diventare lo slogan centrale, una sorta di destino personale, proclamato ai quattro venti in tutto il Paese. Tanto che chi fosse entrato in Guatemala proveniente da El Salvador, per il posto di frontiera di Las Chinamas, che separa il dipartimento salvadoregno di Ahuachapán da quello guatemalteco di Jutiapa, avrebbe visto ai lati della strada pietre e alberi verniciati di rosso e grandi cartelloni pubblicitari con la scritta: LIDER. Baldizón le toca a Guatemala. Te toca Jutiapa. Le toca al pueblo. Proseguendo il cammino e passando per un altro dipartimento: LIDER. Baldizón le toca a Guatemala. Te toca Santa Rosa. Le toca al pueblo. Per arrivare nella capitale: LIDER. Baldizón le toca a Guatemala. Te toca Guatemala. Le toca al pueblo. L'arrogante slogan era ripetuto in ogni strada del Paese.

“Non tocca a te Baldizón!”

Fra gli altri slogan lanciati dal suo partito, non sono mancate le promesse di lavoro, istruzione e salute; una sorta di cornucopia pronta a dispensare i suoi beni a tutto il Paese. E nell'ultimo mese prima delle elezioni, si sono moltiplicati ovunque cartelloni con lo slogan: “Vota il grande LIDER, Guatemala”.
Tuttavia, nelle manifestazioni cariche di indignazione svoltesi tra Aprile ed Agosto, ha cominciato a farsi sentire il coro di molti: “Non tocca a te Baldizón”. Gran parte della popolazione guatemalteca ha sconfitto per 4 a 1 la sfrontatatamente ricca presunzione di questo candidato, già al primo turno elettorale. Una lezione, in sé molto lodevole, contro l'arroganza dell'infallibile potere del denaro profuso a piene mani e l'insulto alla capacità di discernimento dell'elettorato.
Tuttavia, LIDER ha ottenuto il più consistente gruppo parlamentare nel Congresso: 45 dei 158 deputati; nonché un buon numero di Comuni. Una settimana dopo le elezioni, Baldizón si è dimesso dal suo partito e ritirato dall'attività politica, dimostrando di non saper perdere e continuare a lottare dopo una sconfitta; a meno che la sua decisione non sia solo uno stratagemma per tornare più avanti con rinnovata forza. Forse, per questo, ha chiesto a chiare lettere agli eletti del suo partito di non passare ad altri partiti: trasformismo che lui stesso ha promosso senza pudore in passato, offrendo un pingue futuro a quei congressisti che fossero passati fra le sue fila. Ciononostante, non pochi congressisti di LIDER sono usciti per formare un gruppo indipendente in un Congresso comunque in scadenza.

La vittoria del commediante

Come prefigurava l'esito del primo turno, Jimmy Morales si è imposto anche nel ballottaggio, il 25 Ottobre 2015, con oltre 2 milioni e 750 mila voti, il 67,44% di quelli validamente espressi, mentre Sandra Torres ne ha ottenuti poco più di 1 milione e 300 mila, pari al 32,56% del totale.
L'affluenza è stata del 56,32%, circa il 15% in meno rispetto al primo turno, fenomeno considerato normale in molte altre elezioni basate su due turni.
Jimmy Morales ha vinto nonostante il fatto che nei quattro dibattiti in cui si è confrontato con Sandra Torres, si sia rivelato un candidato privo di programma, avendo dalla sua unicamente la capacità di dominare lo scenario. Al contrario, Torres ha presentato un'elaborazione politica simile ad un programma di governo. In uno dei confronti televisivi, Morales ha strappato dalle mani di Torres una copia del settimanale Contrapoder, che la candidata stava leggendo per confermare le accuse formulate contro Morales, membro di una chiesa evangelica pentecostale.

Padrone della scena

Jimmy Morales sostiene di essere un economista. In campagna elettorale ha fatto riferimento a questo titolo, senza però citare in quale università l'abbia ottenuto. Fintantoché non lo dimostri, si è portati a credere che non sia andato oltre alcuni studi di amministrazione aziendale. Il fatto che abbia sbandierato tale titolo rivela, oltre alla padronanza della scena, la consapevolezza della propria mancanza di competenza per l'incarico cui aspirava.
Morales sapeva che la sua migliore giocata politica stava proprio nel presentarsi come non appartenente alla “classe politica” e, per questo, scevro dall'avidità e dalla corruzione che la maggioranza del popolo guatemalteco attribuisce oggi a tutti i politici, senza eccezione.

Appoggiato dai militari

Durante la campagna elettorale, Morales non ha potuto sventolare la bandiera di quanti lo sostengono, perché tra essi vi sono alcuni dei militari più compromessi con la strategia dei massacri, con le politiche di terra bruciata, con i sequestri e sparizioni, cui è ricorso l'esercito per imporsi nel conflitto armato. Tra i suoi sostenitori, vi sono militari che si sono sentiti traditi dagli Accordi di Pace, al punto da affermare: “Abbiamo vinto la guerra con le armi e perso la pace al tavolo dei negoziati”.
Durante il governo del generale in pensione Otto Pérez Molina, quei veterani hanno scatenato una forte e costosa offensiva ideologica. Si tratta di militari che non pochi esponenti dell'oligarchia economica guatemalteca hanno appoggiato durante il conflitto armato, come dimostrò a suo tempo la Commissione per il Chiarimento Storico delle Nazioni Unite.
Uno di essi, il colonnello in pensione Edgar Ovalle, ora eletto deputato al Congresso, faceva parte delle truppe speciali che si macchiarono di massacri contro la popolazione del cosiddetto Triangolo Ixil, nel Quiché, nel 1983; inoltre, Ovalle era di stanza a Cobán, in Alta Verapaz, nel 1984, dove sono state rinvenute fosse comuni piene di cadaveri proprio nel luogo dove aveva sede il comando militare. In un dibattito pubblico, Ovalle ha dichiarato di considerare i diritti umani il più grande ostacolo nella lotta contro la violenza in Guatemala.

L'elettorato sapeva di tale sostegno?

Di fronte ai risultati elettorali, sorge spontanea la domanda: in che misura quanti hanno votato per Jimmy Morales sapevano dell'appoggio alla sua candidatura dato da veterani militari e testimoniato dal logo del partito che lo candidava? E come valutavano quel sostegno?
Se persino persone ben intenzionate dichiaravano “Sandra non la possiamo votare perché è stata una guerrigliera”, non si deve, forse, concludere che i militari e l'oligarchia, difesa dai primi, sono i veri vincitori di queste elezioni? Sempre, e soprattutto nella fase più dura della loro lotta ideologica durante il recente mandato presidenziale, essi hanno sostenuto di “battersi per salvare il Guatemala dal comunismo internazionale”, dando ad intendere che il sangue inevitabilmente versato in guerra non sia comparabile: quello dei militari è patriottico, mentre quello dei guerriglieri è di traditori.
Non è stato questo il messaggio subliminale che una parte importante della maggioranza che ha eletto Jimmy Morales ha intravisto fra le righe? In ogni caso, al di là delle capacità e degli errori di Sandra Torres, accusarla di essere stata guerrigliera e, per questo, negarle il voto rende di fatto inutili gli Accordi di Pace, che hanno dato all'organizzazione guerrigliera pieno diritto di essere un partito, un'organizzazione nazionale autorizzata a competere in qualsiasi spazio politico.

Davvero non è un politico?

Jimmy Morales ha debuttato sulla scena politica enfatizzando la propria immagine di non appartenente al gruppo dei “politici spregevoli”, tutti dediti alla corruzione. Ma lo stesso Morales si era candidato nel 2011 a sindaco di Mixco, il secondo municipio più popoloso del Guatemala (alle porte della capitale, ndr), arrivando terzo. Anche allora si era presentato per lo stesso partito che lo ha candidato alla presidenza, fondato da veterani militari, di cui tutto si può dire meno che non siano stati dentro fino al collo nella politica guatemalteca, con un proprio partito e competendo sul piano finanziario e agroindustriale con la grande impresa oligarchica del Paese.
Questo è il rovescio della medaglia della “primavera” guatemalteca. Da una parte, quest'ultima ha aiutato a smascherare la corruzione di un Presidente, militare di alto rango in pensione, e di molti dei suoi colleghi, altrettanto legati all'istituzione militare e specialisti in intelligence. Dall'altro, si è passati da un governo dominato da vecchi militari specialisti, per pregiudizio ideologico, di sistemi di investigazione di gente “sospetta”, ad un governo che sarà presieduto da un presidente appoggiato da veterani militari senza scrupoli.

I motivi della sconfitta di Sandra Torres

Perché Sandra Torres ha perso? Molte persone intervistate sostengono che lei non padroneggi l'arte della comunicazione, il che l'avrebbe messa in una posizione di forte svantaggio di fronte ad un maestro delle scene come Jimmy Morales. Inoltre, per le stesse persone, Torres avrebbe delle difficoltà ad entrare in empatia con la gente. È una persona – dicono – molto laboriosa, di grande sensibilità sociale e determinata a realizzare programmi sociali, ma che si è fatta anche un cattiva fama di clientelismo nelle sue relazioni con la popolazione beneficiaria di tali programmi. Così si dice, pur senza entrare nel merito dei vari programmi sociali da lei promossi durante il governo di Álvaro Colom.
Juan Alberto Fuentes Knight, già ministro delle Finanze nel governo Colom, ha scritto nel suo libro Rendición de cuenta (Rendiconto, ndr) che Sandra Torres, allora moglie di Colom e incaricata di una specie di “ministero” di azione sociale, esigeva autoritariamente che i suoi programma fossero finanziati con quote di bilancio già assegnate ad altre voci, creando così scompensi nell'azione di governo. Fuentes Knight sostiene di non aver potuto far altro che dimettersi, in quel contesto.
Nei vari confronti pubblici con Morales, Sandra Torres si è dedicata più ad attaccarlo che a comunicare la serietà dei suoi programmi di governo. “Sandra è intelligente, incredibilmente laboriosa, ma non sa guadagnarsi la simpatia della gente”, dicono di lei persone che la conoscono bene. Nei fatti, è stata percepita come una “politica”, finendo per restare schiacciata sotto il fardello di indignazione che i “politici” oggi suscitano nel Paese. E molta gente si è orientata verso chi aveva l'apparenza di provenire da un “terreno non politico”, dando l'illusione di essere estraneo alla corruzione.
Sarà più chiaro il panorama quando Morales presenterà i ministri del suo governo e nominerà i funzionari per quegli incarichi non meno importanti della sua amministrazione. Tuttavia, circa le sue capacità di scegliere persone competenti, non fa ben sperare la nomina a vicepresidente di Jafeth Franco Cabrera, che non si è certo distinto quando era rettore dell'Università di San Carlos, nel periodo 1994-1998. Suona già meglio l'annuncio che chiederà alla CCIG di certificare l'onestà dei ministri che intende nominare.

I risultati nel Congresso

Oltre i risultati delle elezioni presidenziali, meritano attenzione anche quelli che hanno eletto il nuovo Congresso, già al primo turno elettorale, il 6 Settembre. Il Congresso monocamerale guatemalteco dispone di 158 seggi. 120 congressisti puntavano alla loro rielezione: 70 di essi ci sono riusciti, mentre 50 non sono stati rieletti. Ciò è importante: il nuovo Congresso sarà, dunque, composto da una maggioranza (88 contro 70) di deputati eletti per la prima volta. Non è detto che si impegneranno con dedizione per il benessere del Paese, ma questa è l'aspettativa radicata nella popolazione, che non ne può più di congressisti che si dedicano ad interpellare ministri e a lasciar passare il tempo senza essere in grado di legiferare per il bene comune e senza riformare leggi che non funzionano.
Una novità importante ai fini della composizione del futuro Congresso è che l'elettorato ha esercitato ampiamente il voto disgiunto. Ha scartato, cioè, il candidato e la candidata alla presidenza, che guidavano i rispettivi partiti, ma ha scelto congressisti proprio dei partiti che non hanno ottenuto la presidenza. LIDER ha, così, ottenuto 45 seggi e la UNE 32. Di conseguenza, i partiti dei due principali candidati alla presidenza sconfitti raggiungono insieme quasi la metà dei seggi al Congresso.
Todos (Tutti, ndr), un partito di coalizione formato da dissidenti della UNE con i Verdi, il cui leader, Roberto Alejos, è stato tre volte presidente del Congresso durante il governo Colom, ha ottenuto 19 seggi. Il nome di tale partito, ideologicamente “di centro”, fa riferimento alla mescolanza di socialismo cristiano, socialdemocrazia e liberalismo sociale.
Forse, la sorpresa più grande è venuta dal voto che ha garantito la sopravvivenza del Partito Patriota di Pérez Molina, la cui principale organizzatrice è stata l'ex Vicepresidente Baldetti: ha ottenuto 18 seggi.
Dal canto suo, il Fronte di Convergenza Nazionale, alleato del partito Nazione, nonostante i due terzi dei voti ottenuti da Morales e Cabrera, ha ottenuto solo 11 congressisti.
Seguono, quindi, per numero di congressisti eletti, il partito Incontro per Guatemala (EG), guidato dalla deputata Nineth Montenegro, già eletta cinque volte, che ha ottenuto 7 seggi.
Lo stesso numero di seggi è andato al partito dell'Unione del Cambiamento Nazionale (UCN), il cui leader di centro-destra, Mario Estrada, è già al terzo tentativo di candidarsi alla Presidenza della Repubblica. 
Visione con Valori (VIVA), di ispirazione militarista, che candidava alla presidenza Zury Ríos, ha ottenuto 5 seggi. 
Al pari della coalizione CREO (Compromiso, Renovación y Orden; Impegno, Rinnovamento e Ordine, ndr), alleata del Partito Unionista, formato da ex della forza politica dell'ex presidente Arzú. 
Il Partito di Azione Nazionale (PAN) ha ottenuto 3 seggi.
In coalizione, la Unione Rivoluzionaria Nazionale Guatemalteca (URNG; la ex guerriglia, ndr) ne ha avuti 2, riuscendo così a “salvarsi” come partito. 
Fuerza, che candidava Giammatei alla presidenza, ha ottenuto 2 seggi. 
Così come il nuovo partito Convergenza, formato soprattutto da indigeni e presentatosi per la prima volta.
È evidente che con questi risultati, nessun partito potrà guidare il Congresso. Saranno necessarie alleanze. Non sarebbe strano se LIDER cercasse di formare una coalizione con PP, FCN-Nazione, UCN, CREO-Unionista e VIVA. Mentre per quanto riguarda Todos, bisognerà vedere se questo partito sarà capace di superare il risentimento causato dalla separazione, essendo in gran parte formato da ex della UNE.
Alcuni deputati rieletti sono sotto indagine da parte della CICIG e del Ministero della Giustizia (Público, ndr): Baudilio Hichos (LIDER, Chiquimula) e Gudy Rivera (PP, Guatemala).
Resta, infine, da analizzare il voto per per i sindaci in tutti i municipi del Paese.

Un passo avanti o indietro?

Il grande interrogativo è se questi risultati, dopo la mobilitazione della società civile nella “primavera” guatemalteca, significheranno la restaurazione, o meno, della destra tradizionale. Difficile dirlo. Per rispondere a tale quesito, non bisogna dimenticare che gli interessi economici dell'oligarchia tradizionale e quelli dei gruppi emergenti, che si manifestano principalmente nell'Istituto di Previdenza Militare, nel Banco del Ejército e negli interessi dei militari nella cosiddetta Frangia Trasversale Nord, non necessariamente coincidono. Piuttosto, si scrutano da trincea a trincea.
La risposta principale verrà dalla società civile, che oggi è di fronte alla sfida di vigilare rigorosamente sullo Stato e sui suoi funzionari in tutte le istituzioni, per impedire che risorgano nel Paese Alì Babà e i suoi Quaranta Ladroni. In tale compito, potrà contare sulla CICIG, sul Ministero della Giustizia e sulla parte sana della magistratura.
Nel frattempo, il Congresso che ha votato contro Pérez Molina e che ha visto le strade riempirsi di indignazione civica per mesi, dovrà votare il bilancio nazionale per l'incerto 2016, che probabilmente condannerà il nuovo governo, che si insedierà il 14 Gennaio 2016, ad amministrare il Paese in condizioni a dir poco precarie.

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