NICARAGUA / Lo stretto cammino dell’opposizione fra repressione, crisi economica e scarso impegno internazionale
Ortega continua a giocare con i tempi, prolungando irresponsabilmente la crisi nazionale. Contando anche sulla lentezza della comunità internazionale nel prendere misure che facilitino l’uscita dalla crisi. Intanto, l’opposizione al regime raccolta nell’Alleanza Civica ha deciso di accelerare i tempi della sua costituzione in soggetto politico a tutti gli effetti.
Traduzione e redazione di Marco Cantarelli.
A metà Luglio, l’istituto di sondaggi Borge y Asociados ha condotto la sua seconda indagine nazionale dell'anno. Per il 62,6% degli intervistati, il Paese «non è tornato alla normalità precedente l’Aprile 2018». E soltanto per il 16% il Paese sta andando «bene» (13,9%) o «molto bene» (2,1%). Tali risposte testimoniano come la crisi politica sia irrisolta e gli effetti della crisi economica si facciano sentire sulla vita quotidiana della popolazione.
Alla domanda «chi voterebbe come Presidente del Nicaragua se le elezioni fossero oggi?», il 35,5% ha risposto Ortega, rispetto al 37,7% che «non sa o non risponde» e al 21,4% che ha risposto «per nessuno». Un totale del 59,1% sembrerebbe, dunque, intenzionato a non votare per l’attuale presidente, mentre quel 35,5% di consensi allo stesso dimostrerebbe, secondo alcuni, che la strategia di Ortega di rinsaldare la base sandinista sta avendo successo.
Sgombrato il campo dal tavolo del negoziato nel Luglio scorso, per decisione di Ortega, e finalmente istituita la commissione dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) incaricata di cercare una soluzione alla crisi nicaraguense, si apre una nuova fase di incertezza. Il tempo, l'implacabile, ci dirà come e verso dove si muovono i protagonisti della crisi.